Questo
documento analizza il caso di Enrico Gianini, attualmente detenuto in
una struttura psichiatrica, come esempio emblematico del conflitto
tra autodeterminazione della coscienza e controllo statale. Il caso
solleva questioni fondamentali su:
-
Libertà
di coscienza come diritto costituzionale pre-statuale
-
Uso
improprio della psichiatria come strumento di controllo sociale
-
Protezione
dei ricercatori indipendenti e whistleblower
-
Limiti
del potere statale di fronte ai diritti fondamentali
-
Inadeguatezza
del sistema italiano delle misure di sicurezza
Il
documento esamina le implicazioni giuridiche, costituzionali e
sociali del caso, evidenziando come la patologizzazione del dissenso
rappresenti una minaccia ai principi fondamentali dello Stato di
diritto. L'analisi si sviluppa attraverso prospettive multiple:
costituzionale, internazionale, sociologica e filosofica, proponendo
una riforma organica del sistema delle misure di sicurezza
psichiatriche.
CRONOLOGIA
DEI FATTI
-
2015-2016:
Inizio delle ricerche indipendenti sui residui aeronautici durante
il suo impiego presso l'aeroporto di Malpensa
-
2016:
Invio di campioni di carburante aereo a laboratori specializzati per
analisi indipendenti che hanno confermato la presenza di 16 metalli
nei carburanti che non dovrebbero essere presenti
-
2018-2019:
Presentazione esposti documentati alle Procure italiane, comprensivi
di analisi di laboratorio certificate dei risultati delle analisi
chimiche sui carburanti aerei, che mostravano presenze di bario,
sodio, cromo, piombo e tracce di uranio
-
Marzo
2019: Incidente stradale in cui Gianini stesso chiamò la polizia
dopo essere stato quasi speronato da un'auto, ma poi la situazione
si ribaltò e fu lui ad essere accusato di aggressione a un agente,
provocandogli la slogatura di un dito, nonostante non abbia mai
mostrato comportamenti violenti o aggressivi
-
2019-2020:
Condanna a 6 mesi di reclusione:
-
2020-2024:
Imposizione libertà vigilata con:
-
Per
quasi due anni, rifiuto consapevole sia dell'obbligo di firma che
degli incontri obbligatori al CPS, considerandoli illegittimi
-
20
febbraio 2025: Arresto per "trasgressione degli obblighi"
-
25
febbraio 2025: Trasferimento alla REMS di Castiglione delle
Stiviere:
-
Prospettiva
di detenzione per almeno un anno
-
Possibilità
di proroga semestrale
-
Ulteriore
anno di libertà vigilata previsto
AUTODETERMINAZIONE
DELLA COSCIENZA E DIRITTO NATURALE: IL CASO ENRICO GIANINI
I.
IL CASO GIANINI: UN ATTACCO ALLA LIBERTÀ DI COSCIENZA
Enrico
Gianini è attualmente detenuto in una struttura psichiatrica per
aver esercitato la propria obiezione di coscienza contro misure
restrittive impostegli sulla base di accuse di "pericolosità
sociale" che ha sempre respinto come infondate.
Dai
numerosi video e interventi pubblici disponibili, appare a centinaia
di migliaia di persone come un uomo perfettamente lucido e capace di
intendere e volere, che ha scelto consapevolmente di mettersi al
servizio del popolo attraverso un atto che molti considerano eroico:
condurre analisi scientifiche sui residui aeronautici, commissionare
test di laboratorio a proprie spese, documentare sistematicamente le
sue scoperte e, infine, rifiutare di sottomettersi a un sistema che,
invece di verificare le sue evidenze, ha preferito etichettarlo come
pericoloso. Il suo atto di resistenza civile rappresenta il culmine
di un percorso di ricerca indipendente condotto con rigore e
dedizione al bene comune, dimostrando come la difesa della verità e
quella dei diritti fondamentali siano inscindibilmente legate.
Come
emerge chiaramente dalle sue comunicazioni pubbliche e come
documentato nella perizia psichiatrica indipendente commissionata
dalla famiglia e redatta dal noto psichiatra forense dott.
Alessandro Meluzzi, Gianini non presenta alcuna patologia
psichiatrica che giustifichi interventi coattivi. Nonostante
questa perizia indipendente certificasse che Gianini non soffriva di
disturbi psichiatrici, il tribunale ha dato prevalenza alla perizia
d'ufficio. La perizia evidenzia come le sue convinzioni, pur non
conformi al pensiero dominante, rientrino pienamente nell'ambito
dell'esercizio della libertà di pensiero costituzionalmente
garantita. È particolarmente preoccupante che nel 2015 sia
stata introdotta nei manuali psichiatrici internazionali la
classificazione di "disturbo cospirativo paranoide" o
"sindrome paranoide complottista", che patologizza
l'interesse per teorie non allineate al pensiero dominante. Gianini
ha sottolineato ripetutamente di non avere alcun bisogno del
trattamento proposto, manifestando con lucidità e coerenza logica la
sua determinazione di non riconoscere come legittimi né il metodo
terapeutico imposto né l'autorità dello Stato italiano che lo ha
ordinato; lo stesso Stato che, dopo aver sistematicamente ignorato le
sue denunce documentate e le analisi di laboratorio sui residui
aeronautici, anziché verificarne il merito scientifico, ha preferito
criminalizzare il messaggero attraverso un meccanismo di
patologizzazione basato su criteri diagnostici vaghi e soggettivi.
Questo ribaltamento, da ricercatore meritevole di attenzione a
soggetto "pericoloso" da contenere, rappresenta un
inquietante esempio di come il sistema risponda alle sfide alle
narrative ufficiali.
La
sua posizione rappresenta l'espressione di una scelta consapevole
basata su convinzioni etiche e politiche, non il sintomo di una
patologia.
II.
RICERCA SCIENTIFICA E VERITÀ: LE EVIDENZE DOCUMENTATE DI GIANINI
1.
Il contesto scientificamente accertato della geoingegneria
La
ricerca condotta da Gianini sui residui aeronautici a Malpensa si
inserisce in un contesto di modificazioni climatiche ampiamente
documentato e istituzionalmente riconosciuto:
-
Progetti
UE Ufficiali
-
Solar
Radiation Management Governance Initiative (SRMGI): iniziativa
internazionale, non specificamente europea, fondata dalla Royal
Society, Environmental Defense Fund e World Academy of Sciences,
che studia tecniche di modificazione della radiazione solare
-
Horizon
Europe Climate Actions: programma che include ricerche su soluzioni
climatiche, le cui specifiche tecniche necessitano di citazioni più
precise
-
EuPRAXIA:
studi su particolato atmosferico e modificazioni climatiche
Questi
progetti utilizzano tecniche e materiali compatibili con i residui
analizzati da Gianini.
2.
Analisi specifiche e risultati documentati
Le
analisi chimiche condotte da Gianini sui carburanti aerei e sui
residui aeronautici, inviate nel 2016 a un laboratorio specializzato
francese (Francia Analitica del dott. Talier), hanno rivelato la
presenza di sostanze altamente problematiche e incompatibili con la
normale composizione dei carburanti commerciali: hanno rivelato la
presenza di 16 metalli che non dovrebbero essere presenti nei
carburanti, incluse sostanze potenzialmente problematiche:
Le
analisi sono state effettuate presso laboratori certificati,
utilizzando metodologie standard di spettrometria di massa e altre
tecniche analitiche riconosciute dalla comunità scientifica. I
risultati di queste analisi, presentati alle Procure italiane,
rappresentano prove concrete che avrebbero richiesto, secondo le
normali procedure, l'apertura di indagini approfondite sulla
potenziale contaminazione ambientale e sui rischi per la salute
pubblica.
3.
Base documentale e validazione scientifica
Le
ricerche di Gianini sono supportate da:
-
Brevetti
registrati verificabili (es. US Patent 3,813,875 di Rowland, a14,
sulla creazione di nuvole ioniche nell'atmosfera superiore)
-
Pubblicazioni
scientifiche sulla chimica atmosferica
-
Rapporti
governativi declassificati
-
Documentazione
di programmi militari storici (Operation Popeye)
4.
La Contraddizione Procedurale nel Trattamento Obbligatorio
La
posizione di Gianini rivela una contraddizione fondamentale nel
sistema italiano delle misure di sicurezza con prescrizioni
sanitarie. Da un lato, la normativa sanitaria (Legge 833/1978)
stabilisce che i trattamenti sono volontari, salvo specifiche
eccezioni; dall'altro, nel contesto della libertà vigilata, questi
trattamenti diventano "prescrizioni" obbligatorie. Quando
Gianini ha esercitato il diritto costituzionale al rifiuto dei
trattamenti (Art. 32 Cost.), tale rifiuto è stato paradossalmente
trasformato in una "trasgressione degli obblighi",
rivelando il "doppio vincolo" intrinseco nel sistema: il
soggetto deve accettare "volontariamente" un trattamento
imposto come obbligo, negando così sia la reale volontarietà sia il
diritto costituzionale di rifiuto. Va sottolineato che i diritti
fondamentali come la libertà di coscienza e il rifiuto di
trattamenti sanitari sono costituzionalmente protetti anche quando la
forma della loro espressione può non rispettare tutti i requisiti
procedurali.
III.
LA COSCIENZA COME DIRITTO NATURALE PRE-STATUALE
1.
Statuto Costituzionale della Coscienza
La
Corte Costituzionale italiana, nella sentenza 467/1991 (depositata il
19 dicembre 1991), ha definito la coscienza individuale come
"principio creativo che rende possibile la realtà delle libertà
fondamentali dell'uomo" e come "valore costituzionale così
elevato da giustificare la previsione di esenzioni dalla conformità
a norme imperative". Questa definizione riconosce la coscienza
come valore pre-statuale che lo Stato deve proteggere, non
sopprimere.
La
priorità della coscienza rispetto al potere statale è
archetipicamente rappresentata dall'Antigone sofoclea, che oppone
le ἄγραπτα νόμιμα (leggi non scritte) al
decreto del sovrano. Questa intuizione fondamentale viene
sistematizzata nel ius
naturale stoico-romano
(Cicerone: "Est
quidem vera lex recta ratio"),
nella synderesis tomistica come partecipazione della
persona alla lex
aeterna,
e nella elaborazione del diritto di resistenza dalla Scuola di
Salamanca (Suárez, Vitoria) fino al giusnaturalismo moderno,
costituendo l'humus giuridico-filosofico dei diritti e fondamentali
contemporanei.
Questa
concezione trova corrispondenze significative in tradizioni
giuridiche non occidentali: il yi (義)
confuciano come imperativo morale sovraordinato al diritto positivo
(Hsü Dau-lin, 1975); lo svadharma nella tradizione indiana
come limite intrinseco al potere politico (Sen, 2009); il hurriyat
al-damir (libertà di coscienza) nel diritto islamico
contemporaneo, ancorato al maqasid al-shari'ah come tutela
dell'interiorità personale (Al-Alwani, 2005); e l'ubuntu nelle
giurisprudenze costituzionali africane post-coloniali come fondamento
dell'inviolabilità della dignità morale (S v. Makwanyane, 1995).
La
tradizione filosofico-giuridica contemporanea, attraverso un dialogo
transnazionale che abbraccia diverse matrici teoriche, converge nel
riconoscere la libertà di coscienza come principio fondativo
dell'ordine giuridico stesso. Ronald Dworkin (in "Taking Rights
Seriously", 1977 e "Justice for Hedgehogs", 2011)
elabora il concetto di "diritto all'indipendenza etica"
come "diritto prevalente" (trumping
right,
nella sua formulazione originale) che prevale necessariamente su
qualsiasi considerazione di utilità collettiva, stabilendo un limite
invalicabile al potere coercitivo dello Stato. Questa posizione
trova corrispondenza nella teoria dei diritti fondamentali di Robert
Alexy (in "A Theory of Constitutional Rights", 1986), che
configura la libertà morale come "principio di ottimizzazione"
dotato di precedenza prima
facie rispetto
a qualsiasi interesse statale, richiedendo un "peso
sostanzialmente maggiore" agli interessi contrapposti per
giustificare limitazioni.
La
prospettiva anglosassone e quella continentale si ricongiungono nella
riflessione di Martha Nussbaum (in "Creating Capabilities",
2011), che identifica la "ragion pratica" – la capacità
di formare una concezione autonoma del bene – come requisito
strutturale di qualsiasi società giusta, riecheggiando le tesi di
Amartya Sen sul legame inscindibile tra libertà di coscienza e
sviluppo umano.
Sul
versante europeo, Jürgen Habermas (in "Between Facts and
Norms", 1992) riconosce nell'"autonomia morale" del
soggetto la precondizione dell'agire che rende possibile la stessa
legittimazione dell'ordinamento giuridico.
Nel
contesto italiano, questa convergenza trova espressione nelle
elaborazioni di Norberto Bobbio (in "L'età dei diritti",
1990), che identifica la libertà di coscienza come "diritto
soggettivo perfetto" che non necessita di giustificazione
positiva in quanto logicamente anteriore alla formazione
dell'ordinamento, e nella teoria dei "diritti fondamentali come
sfera dell'indecidibile" di Luigi Ferrajoli (2001), che sottrae
costitutivamente la coscienza individuale sia al potere delle
maggioranze che alle logiche della ragion di stato. Gustavo
Zagrebelsky (in "Il diritto mite", 1992) completa questa
architettura teorica identificando nei diritti di coscienza il
"momento infrangibile" del costituzionalismo contemporaneo.
Questa
straordinaria convergenza, che trascende tradizioni giuridiche e
orientamenti filosofici altrimenti divergenti riflette il
riconoscimento di una verità giuridica fondamentale: la soppressione
della coscienza individuale rappresenta non solo una violazione dei
diritti del singolo, ma un attentato ai fondamenti stessi della
legittimità costituzionale, pregiudicando le condizioni minime di
qualsiasi patto sociale che riconosca l'uguale dignità delle
persone. Come sintetizzato efficacemente da Joseph Raz (in "The
Morality of Freedom", 1986), "L'autonomia morale non è
semplicemente un valore che lo Stato deve rispettare, ma la
condizione stessa che rende possibile la legittimità dell'autorità
politica".
2.
Diritti naturali costituzionalmente protetti
L'articolo
2 della Costituzione "riconosce" (non "concede")
i diritti inviolabili, ammettendo la loro preesistenza rispetto
all'ordinamento giuridico. Il verbo "riconoscere" implica
che tali diritti esistono indipendentemente dalla volontà del
legislatore, configurandosi come diritti naturali che lo Stato deve
rispettare.
Il
costituzionalista Costantino Mortati (in "Istituzioni di diritto
pubblico", 1975) definisce questi diritti come "limiti
assoluti al potere statale", mentre la Corte Costituzionale
(sentenza 1146/1988, depositata il 29 dicembre 1988) ha identificato
"principi supremi" che non possono essere sovvertiti o
modificati nemmeno da leggi di revisione costituzionale.
3.
La "Trappola del doppio vincolo" nelle istituzioni
psichiatriche
Il
sistema impone a Gianini quello che lo psichiatra Gregory Bateson
definisce un "doppio vincolo" – una situazione
comunicativa patologica in cui:
Questo
meccanismo, analizzato dal sociologo Erving Goffman come
"mortificazione del sé", rende impossibile qualsiasi
difesa efficace, trasformando ogni forma di resistenza in ulteriore
giustificazione per la coercizione. Si tratta di un sistema circolare
perfettamente chiuso che nega l'accesso a qualsiasi rimedio
effettivo.
Il
concetto di "doppio vincolo", introdotto inizialmente da
Bateson nel 1956, è stato recentemente rivalutato nella letteratura
giuridica contemporanea come potente strumento di analisi dei
meccanismi coercitivi mascherati da procedure terapeutiche:
-
T.M.
Luhrmann, "Of Two Minds: The Growing Disorder in American
Psychiatry" (2000) ha documentato come nei contesti
psichiatrici istituzionali il doppio vincolo operi in modo
pervasivo: l'accettazione passiva della diagnosi è interpretata
come "insight", mentre il disaccordo è classificato come
sintomo di "anosognosia" o mancanza di consapevolezza di
malattia
-
Bernadette
McSherry & Penelope Weller, "Rethinking Rights-Based Mental
Health Laws" (2010) hanno analizzato come questo meccanismo
circolare mini alla base il diritto a un giusto processo nei
contesti psichiatrici, rendendo impossibile qualsiasi contestazione
efficace
-
Lidz
et al. (2000, "Perceived Coercion in Mental Hospital
Admission", Archives of General Psychiatry) hanno documentato
l'"effetto escalation" nei contesti psichiatrici
coercitivi: la resistenza del paziente viene interpretata come
ulteriore sintomo patologico, giustificando l'intensificazione delle
misure restrittive e creando un ciclo di coercizione che si
autoalimenta.
Questa
struttura comunicativa patologica non è un semplice effetto
collaterale, ma un meccanismo costitutivo del sistema di controllo
psichiatrico che neutralizza qualsiasi possibilità di difesa
effettiva, trasformando le garanzie procedurali in simulacri vuoti di
tutela. Nel contesto specifico delle misure di sicurezza, il doppio
vincolo assume una dimensione giuridica particolarmente insidiosa: il
diritto alla difesa viene formalmente garantito ma sostanzialmente
svuotato dalla circolarità argomentativa che trasforma ogni
tentativo di contestazione in ulteriore evidenza della necessità di
controllo.
4.
La contestabilità epistemologica delle categorie diagnostiche
psichiatriche
L'uso
della psichiatria come strumento di controllo sociale si fonda su
premesse epistemologicamente contestabili che meritano
approfondimento:
-
Le
classificazioni diagnostiche psichiatriche (DSM) hanno subito
radicali trasformazioni storiche non basate su progressi nella
comprensione neurobiologica ma su cambiamenti socio-culturali e
convenzioni professionali (Paris & Phillips, "Making the
DSM-5", 2013)
-
L'affidabilità
diagnostica in psichiatria è stata messa in discussione da studi
empirici: il più ampio studio di affidabilità per il DSM-5 ha
mostrato livelli di concordanza tra clinici sorprendentemente bassi
per molte diagnosi chiave (kappa di Cohen tra 0.20 e 0.60) (Regier
et al., 2013)
-
Il
National Institute of Mental Health ha abbandonato ufficialmente il
sistema DSM come base per la ricerca, riconoscendone le limitazioni
scientifiche (Insel, 2013)
-
La
British Psychological Society (2011) ha ufficialmente criticato il
modello biomedico della sofferenza psichica, denunciando la
"medicalizzazione dei problemi sociali"
-
È
particolarmente inquietante che nel 2015 sia stata introdotta nei
manuali psichiatrici una nuova classificazione di "disturbo
cospirativo paranoide" o "sindrome paranoide
complottista", che patologizza l'interesse per teorie non
allineate al pensiero dominante, trasformando il dissenso
intellettuale in patologia mentale
L'impiego
di un sistema diagnostico così contestato come fondamento per
limitazioni severe della libertà personale solleva problemi
costituzionali fondamentali:
-
Viola
il principio di determinatezza (Art. 25 Cost.) utilizzando categorie
diagnostiche vaghe e soggettive
-
Contravviene
al principio di scienza e coscienza medica (Art. 32 Cost.) imponendo
trattamenti basati su presupposti scientificamente dubbiosi
-
Compromette
il diritto alla difesa (Art. 24 Cost.) rendendo impossibile
contestare efficacemente diagnosi che per loro natura non sono
falsificabili secondo i normali standard scientifici
Nel
caso Gianini, l'imposizione di un'etichetta diagnostica di
"pericolosità sociale" basata su criteri soggettivi e
scientificamente contestati rappresenta una violazione tanto
dei suoi diritti fondamentali quanto dei principi basilari della
legittimità epistemica che dovrebbe informare qualsiasi limitazione
della libertà basata su presupposti scientifici.
IV.
LA PREVALENZA DELLA FORMA SULLA SOSTANZA: VIZIO COSTITUZIONALE
1.
Il principio di effettività vs. formalismo procedurale
Nel
caso Gianini emerge un vizio radicale del sistema giuridico italiano:
la tendenza a privilegiare il rispetto formale delle procedure a
scapito della giustizia sostanziale. Questo rovesciamento di priorità
viola principi costituzionali fondamentali:
-
Principio
di effettività della tutela: La Corte Costituzionale (sent.
238/2014) ha stabilito che "i diritti fondamentali devono
ricevere una tutela effettiva e non meramente formale"
-
Principio
di ragionevolezza: La Consulta (sent. 1/2013) ha affermato che le
norme devono essere interpretate in modo da garantire la
"ragionevolezza intrinseca" e non solo la correttezza
procedurale
-
Sostanza
costituzionale: Il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky ha definito
la Costituzione come "diritto per principi" che richiede
un'interpretazione sostanziale e non formalistica
Quando
lo Stato antepone la forma alla sostanza, specialmente in materia di
diritti fondamentali:
-
Tradisce
la sua funzione di protezione della dignità umana
-
Viola
il principio personalista (Art. 2 Cost.) che pone la persona al
centro dell'ordinamento
-
Contravviene
al principio supremo di effettività della tutela dei diritti
inviolabili
2.
L'irrilevanza dei vizi di forma nell'esercizio dei diritti
fondamentali
Qualunque
eventuale imprecisione formale nelle dichiarazioni di Gianini è
irrilevante rispetto alla sostanza della sua posizione. I principi
costituzionali stabiliscono che:
-
Principio
di libertà delle forme nell'esercizio dei diritti fondamentali: La
Corte Costituzionale (sent. 77/2018) ha stabilito che "le
modalità formali di esercizio di un diritto fondamentale non
possono pregiudicarne la sostanza"
-
Principio
di interpretazione più favorevole alla libertà: Il diritto
costituzionale impone di interpretare le dichiarazioni
dell'individuo nel modo più favorevole all'esercizio delle libertà
fondamentali
-
Principio
del favor
libertatis:
In caso di dubbio, l'interpretazione deve sempre propendere per la
soluzione che tutela maggiormente la libertà individuale
Per
quanto riguarda i diritti fondamentali come la libertà di coscienza
e il rifiuto di trattamenti sanitari, questi sono costituzionalmente
protetti anche quando la forma della loro espressione può non
rispettare tutti i requisiti procedurali
Lo
Stato costituzionale di diritto è chiamato a guardare oltre le
imperfezioni formali per cogliere la sostanza della rivendicazione di
libertà. L'eventuale uso di termini impropri o procedure non
canoniche se mai siano avvenute, non può mai giustificare la
violazione di un diritto fondamentale.
V.
I VIZI STRUTTURALI DELLA LEGISLAZIONE ITALIANA
1.
Incongruenze costituzionali nel sistema delle misure di sicurezza
Il
caso Gianini può rappresentare un punto di svolta nella storia dei
diritti civili in Italia. La sua duplice battaglia - prima come
ricercatore indipendente che ha documentato potenziali attività di
geoingegneria a Malpensa, poi come uomo che resiste alla
psichiatrizzazione forzata - mostra come oggi difendere il diritto
alla verità significhi spesso sfidare un sistema che preferisce
etichettare come "pericoloso" chi pone domande scomode.
Secondo
quanto emerge da diverse fonti, la persecuzione giudiziaria contro
Gianini ha avuto origine con un episodio controverso nel marzo
2019. In quella circostanza, fu lo stesso Gianini a chiamare la
polizia dopo aver rischiato di essere speronato da un'auto che,
secondo il suo racconto, lo stava deliberatamente inseguendo.
Tuttavia, la situazione si ribaltò quando, dopo l'arrivo della
polizia, Gianini venne accusato di aver aggredito un agente,
provocandogli la slogatura di un dito, nonostante non avesse mai
mostrato comportamenti violenti o aggressivi, neanche durante
l'arresto. Questo rappresenta un'incredibile inversione dei fatti: da
richiedente aiuto, Gianini si è trasformato in imputato.
Il
sistema italiano delle misure di sicurezza psichiatriche presenta
vizi strutturali che lo rendono incompatibile con i principi
costituzionali:
-
Violazione
del principio di determinatezza: Il concetto di "pericolosità
sociale" è talmente vago da violare l'Art. 25 Cost. che
richiede chiarezza nelle norme limitative della libertà
-
Inversione
dell'onere della prova: È l'individuo a dover dimostrare di non
essere pericoloso, in violazione della presunzione di innocenza
-
Assenza
di proporzionalità: Le misure restrittive sono spesso
sproporzionate rispetto alle esigenze dichiarate
-
Mancanza
di rimedi effettivi: I ricorsi sono formali ma raramente sostanziali
Formalmente,
le misure di sicurezza nel sistema italiano sono classificate come
"amministrative" e non punitive in base al sistema del
"doppio binario" introdotto dal Codice Rocco del 1930.
Questa classificazione si fonda sul presupposto teorico che, mentre
le pene rispondono alla colpevolezza per un fatto commesso (guardando
al passato), le misure di sicurezza mirano a prevenire la commissione
di reati futuri basandosi sulla "pericolosità sociale"
(guardando al futuro). Proprio questa natura formalmente preventiva e
non retributiva ha giustificato storicamente l'esclusione delle
misure di sicurezza dalle garanzie costituzionali riservate alla
materia penale, come la presunzione di innocenza (art. 27 Cost.) e il
principio di irretroattività (art. 25 Cost.).
Tuttavia,
questa distinzione formale è sempre più contestata per diverse
ragioni fondamentali:
-
La
Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, a partire da sentenze storiche
come Engel e altri c. Paesi Bassi (1976) e Welch c. Regno Unito
(1995), ha sviluppato un approccio sostanziale alla "materia
penale", stabilendo che la natura punitiva di una misura deve
essere valutata in base ai suoi effetti concreti e non alla sua
classificazione formale nel diritto interno.
-
La
sentenza De Tommaso c. Italia (2017) ha criticato specificamente il
sistema italiano delle misure di prevenzione, sottolineando che
misure limitative della libertà personale, indipendentemente dalla
loro classificazione formale, devono rispettare i principi di
legalità, prevedibilità e proporzionalità.
-
M.K.
and Others v. Poland (nn. 40503/17, 42902/17, 43643/17, sentenza del
23 luglio 2020) ha stabilito che interventi sistematici contro
individui che contestano pratiche ufficiali devono essere soggetti a
garanzie rigorose contro l'arbitrarietà.
-
Il
caso Varbanov c. Bulgaria (2000) ha stabilito che la detenzione
psichiatrica, anche quando formalmente classificata come
"terapeutica", deve essere soggetta a rigide garanzie
procedurali quando limita la libertà personale.
Come
evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 253/2003 e
ribadito nelle sentenze 139/2010 e 186/2015, anche le misure di
sicurezza devono rispettare i principi fondamentali di
proporzionalità e presunzione di non-pericolosità. Nel caso delle
misure psichiatriche, nella pratica si verifica una problematica
"presunzione di pericolosità" che continua fino a prova
contraria: è l'individuo che deve dimostrare di non essere
pericoloso, non l'autorità che deve provare oltre ogni ragionevole
dubbio la sua pericolosità.
Questa
inversione dell'onere della prova è particolarmente evidente nei
casi di rifiuto del trattamento come quello di Gianini: il suo
rifiuto di sottoporsi a trattamenti psichiatrici è stato
interpretato come conferma della sua pericolosità, creando un
circolo vizioso logicamente inattaccabile. Se accetta il trattamento,
conferma implicitamente la validità della diagnosi; se lo rifiuta,
dimostra la necessità di misure ancora più restrittive. Questo
schema viola il principio fondamentale espresso dalla Corte
Costituzionale nella sentenza 258/1994, secondo cui l'onere della
prova deve gravare su chi intende limitare un diritto fondamentale,
non su chi lo esercita.
La
Corte Costituzionale (sent. 139/1982) ha dichiarato l'illegittimità
delle presunzioni di pericolosità, ma il legislatore non ha mai
adeguato il sistema.
2.
Dal principio alla pratica: l'escalation coercitiva nel caso Gianini
Il
caso Gianini offre una dimostrazione concreta di come i vizi
strutturali del sistema si manifestino nella pratica, creando una
spirale coercitiva inestricabile:
3.
Il sistema REMS: la coercizione psichiatrica in veste sanitaria
Le
REMS (Residenze per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza),
introdotte dalla L. 81/2014, rappresentano la moderna evoluzione
degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, mantenendone tuttavia la
sostanza coercitiva sotto una nuova veste formale:
Come
evidenziato dalla stessa Direttrice Sanitaria, questo sistema produce
un etichettamento permanente: una volta apposta, la diagnosi
psichiatrica diventa un marchio indelebile nel sistema giudiziario
italiano, creando un circolo vizioso dove:
-
La
diagnosi giustifica la misura di sicurezza
-
Il
rifiuto della misura viene interpretato come conferma della diagnosi
-
La
trasgressione degli obblighi porta a misure più restrittive
-
Ogni
forma di resistenza viene letta come ulteriore prova di
"pericolosità"
Questo
meccanismo perverso viola simultaneamente:
-
Il
diritto alla presunzione di innocenza (art. 27 Cost.)
-
Il
principio di proporzionalità delle misure restrittive
-
Il
diritto a un rimedio effettivo (art. 24 Cost.)
-
La
libertà di autodeterminazione terapeutica (art. 32 Cost.)
L'intreccio
tra controllo amministrativo (firma in questura) e coercizione
sanitaria (trattamenti obbligatori) crea un sistema di controllo
totale che ricorda i peggiori aspetti della psichiatria istituzionale
che la legge Basaglia intendeva superare.
4.
Le contraddizioni strutturali del sistema REMS
Il
sistema delle REMS, presentato come superamento del modello
manicomiale degli OPG, rivela nella prassi contraddizioni profonde
che ne compromettono la funzione riabilitativa. La REMS di
Castiglione delle Stiviere, dove è attualmente detenuto Gianini,
rappresenta un caso emblematico di queste contraddizioni.
Mentre
la riforma del 2014 prevedeva strutture di dimensioni contenute,
integrate nel territorio e con un'impostazione primariamente
sanitaria, nella realtà il sistema REMS italiano è caratterizzato
da:
• Persistenza
dell'approccio custodiale:
Nonostante la gestione formalmente sanitaria, prevale una logica di
contenimento e controllo, con scarsa attenzione ai percorsi
terapeutici individualizzati
• Deficit
strutturale di risorse:
Carenza cronica di personale specializzato, in particolare
psichiatri, psicologi e tecnici della riabilitazione, compromettendo
la qualità dei percorsi terapeutici
• Discontinuità
territoriale:
Isolamento delle strutture REMS dai servizi territoriali di salute
mentale, impedendo l'effettiva continuità terapeutica
• Tempi
di permanenza dilatati:
La durata media dell'internamento supera significativamente i termini
inizialmente previsti, con proroghe sistematiche che trasformano
misure teoricamente temporanee in forme di detenzione a tempo
indeterminato
Le
relazioni del Garante Nazionale dei diritti delle persone private
della libertà personale e dell'Osservatorio Stop OPG documentano
come, dietro la facciata di un'assistenza sanitaria, si celi una
realtà di controllo sociale che riproduce le logiche manicomiali che
la riforma intendeva superare.
Il
paradosso del sistema REMS è che, pur essendo state concepite come
alternativa più umana e terapeutica agli OPG, finiscono spesso per
riprodurre i medesimi meccanismi di istituzionalizzazione, privazione
della libertà e stigmatizzazione. Questo fenomeno, definito come
"istituzionalizzazione mascherata", rivela come il
cambiamento di denominazione e gestione formale non abbia prodotto
una trasformazione sostanziale nell'approccio alla salute mentale in
ambito giudiziario.
Nel
caso di Gianini, il passaggio diretto dall'obbligo di trattamento
presso il CPS all'internamento in REMS illustra un'escalation
coercitiva che contraddice la gradualità e proporzionalità
dichiarate come principi fondanti della riforma. Questa
discontinuità, non giustificata da eventi specifici ma
esclusivamente dal rifiuto di un trattamento percepito come
illegittimo, evidenzia come il sistema utilizzi la minaccia
dell'internamento come strumento di pressione per ottenere la
conformità ai trattamenti territoriali.
5.
Il percorso dal CPS alla REMS: l'incoerenza del sistema
psichiatrico-giudiziario
La
vicenda di Gianini illustra la contraddizione fondamentale
nell'articolazione tra servizi territoriali (CPS) e strutture
detentive (REMS) nel sistema italiano:
I Centri
Psico-Sociali (CPS) rappresentano
il primo livello dell'assistenza psichiatrica territoriale, istituiti
seguendo i principi della riforma Basaglia. Questi servizi sono
concepiti come spazi terapeutici non coercitivi, fondati sul
principio costituzionale della volontarietà delle cure. La loro
missione originaria è fornire assistenza in un contesto non
stigmatizzante, rispettando l'autodeterminazione della persona.
Quando,
come nel caso di Gianini, il Tribunale di Sorveglianza impone
l'obbligo di trattamento presso il CPS come condizione della libertà
vigilata, si crea un cortocircuito logico-giuridico: un servizio
fondato sulla volontarietà viene trasformato in strumento di
controllo penale, dove il rifiuto del "trattamento volontario
obbligatorio" costituisce trasgressione punibile con
l'internamento in REMS.
Le REMS,
pur presentate come superamento degli Ospedali Psichiatrici
Giudiziari, mantengono nella sostanza la funzione detentiva,
mascherata da una gestione formalmente sanitaria. Questa transizione
dal CPS alla REMS non rappresenta un continuum terapeutico, ma
un'escalation punitiva che utilizza il linguaggio della cura per
legittimare pratiche coercitive.
La
frattura tra i principi dichiarati (volontarietà, gradualità,
territorialità) e la prassi effettiva (obbligatorietà, escalation,
isolamento) costituisce non un'anomalia ma la logica strutturale di
un sistema che, attraverso eufemismi giuridici e camuffamenti
semantici, aggira le garanzie costituzionali trasformando diritti in
obblighi e resistenza legittima in conferma di pericolosità.
6.
Quadro normativo italiano: diritto positivo e principi costituzionali
in conflitto
L'attuale
quadro normativo italiano presenta una tensione irrisolta tra i
principi costituzionali di libertà personale e autodeterminazione
terapeutica e la prassi applicativa delle misure di sicurezza
psichiatriche. Questa contraddizione si manifesta in particolare:
-
Nel
conflitto tra il diritto costituzionale al rifiuto dei trattamenti
sanitari (Art. 32) e l'imposizione di terapie come condizione per la
libertà personale
-
Nella
violazione del principio di determinatezza delle misure restrittive
attraverso l'uso di categorie diagnostiche vaghe e soggettive
-
Nel
contrasto tra la presunzione di non colpevolezza e l'automatismo che
trasforma il rifiuto del trattamento in prova di pericolosità
-
Nell'incompatibilità
tra il diritto alla difesa e un sistema che patologizza ogni forma
di contestazione
Questi
conflitti normativi rivelano un sistema che, pur formalmente
rispettoso dei principi costituzionali, nella sostanza li viola
sistematicamente.
7.
Confronto con sistemi giuridici avanzati
L'arretratezza
del sistema italiano emerge chiaramente nel confronto internazionale:
-
Finlandia:
Il sistema Open Dialogue ha ridotto l'uso dei TSO dell'85% con
migliori risultati clinici
-
Germania:
La Corte Costituzionale tedesca (BVerfG, 2 BvR 882/09, sentenza del
23 marzo 2011) ha stabilito che il trattamento psichiatrico coatto è
ammissibile solo come ultima ratio e richiede garanzie stringenti
-
Regno
Unito: Il Mental Capacity Act 2005 stabilisce la presunzione di
capacità e il diritto al supporto decisionale
-
Norvegia:
Ha avviato un processo di eliminazione graduale della coercizione
psichiatrica
-
Perù:
La Legge 30947/2019 ha eliminato l'internamento involontario
L'Italia,
nonostante la rivoluzione basagliana, mantiene un sistema che Amnesty
International ha definito "incompatibile con gli standard
internazionali sui diritti umani".
8.
L'opacità informativa come elemento strutturale
L'opacità
informativa che caratterizza il sistema delle REMS e più in generale
delle strutture psichiatriche con funzioni detentive oltre ad essere
un ostacolo pratico manifesta un elemento sintomatico della
disfunzionalità dell'intero sistema. Nonostante la Legge 81/2014 e
le successive direttive ministeriali prevedano teoricamente
meccanismi di trasparenza, numerosi rapporti del Garante Nazionale
dei diritti delle persone private della libertà personale
(2018-2022) hanno evidenziato criticità ricorrenti nell'accesso alle
informazioni da parte di familiari e difensori. La carenza di
trasparenza e accessibilità delle informazioni riguardanti lo stato
dei pazienti, i trattamenti somministrati e le condizioni di
permanenza compromette gravemente il diritto alla difesa e mina le
garanzie procedurali fondamentali. Come confermato dal "Rapporto
sulle REMS" della Società Italiana di Psichiatria (2021),
l'assenza di protocolli standardizzati per la comunicazione con
l'esterno costituisce una delle principali criticità del sistema. La
giurisprudenza CEDU ha ripetutamente stabilito che la trasparenza dei
trattamenti è requisito essenziale per la tutela dei diritti
fondamentali in ambito psichiatrico, in particolare nelle sentenze
Bataliny c. Russia (2015) e M.S. c. Croazia (2015). Anche in assenza
di trattamenti farmacologici forzati, la permanenza stessa in una
struttura detentiva contro la propria volontà, in particolare quando
non vi è evidenza di patologie che richiedano interventi urgenti,
costituisce una forma di coercizione difficilmente compatibile con i
principi costituzionali.
VI.
IL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ E ULTIMA RATIO NEL DIRITTO
COSTITUZIONALE EUROPEO
1.
Il Principio di proporzionalità come parametro di valutazione delle
misure restrittive
Il
principio di proporzionalità, pilastro del diritto costituzionale
europeo, richiede che qualsiasi limitazione dei diritti fondamentali
soddisfi tre criteri cumulativi:
-
Idoneità:
la misura deve essere idonea a raggiungere lo scopo legittimo
perseguito
-
Necessità:
non devono esistere misure meno restrittive ugualmente efficaci
-
Proporzionalità
in senso stretto:
il sacrificio imposto al diritto deve essere proporzionato al
beneficio collettivo
La
Corte di Giustizia UE C-293/12 e C-594/12, Digital Rights Ireland e
Seitlinger, sentenza dell'8 aprile 2014) ha esplicitamente
stabilito che "quando sono in gioco diritti fondamentali, la
discrezionalità del legislatore è limitata" e che l'intensità
del controllo giurisdizionale deve essere proporzionalmente più
elevata quanto più il diritto colpito è essenziale per la dignità
della persona.
Nel
caso Gianini, l'applicazione di questo test di proporzionalità
rivela violazioni su tutti e tre i livelli:
-
Difetto
di idoneità:
l'internamento psichiatrico non è idoneo a risolvere obiezioni
etiche e politiche
-
Difetto
di necessità:
esistevano numerose alternative meno invasive (es. dialogo,
confronto scientifico)
-
Difetto
di proporzionalità:
il danno alla libertà di coscienza è assoluto, mentre il beneficio
collettivo è inesistente
2.
Il Principio di "Ultima Ratio" nelle restrizioni della
libertà personale
Il
diritto costituzionale europeo riconosce il principio di "ultima
ratio" nella limitazione della libertà personale, elaborato
dalla Corte EDU in plurime sentenze (Stanev c. Bulgaria, n.
36760/06, sentenza della Grande Camera del 17 gennaio 2012; Plesó c.
Ungheria, n. 41242/08, sentenza del 2 ottobre 2012). Questo
principio stabilisce che:
-
La
privazione della libertà personale è legittima solo quando ogni
altra misura meno invasiva sia stata considerata e ritenuta
insufficiente
-
Il
semplice dissenso o la non conformità a convenzioni sociali non può
mai giustificare misure restrittive
-
La
limitazione della libertà per presunte ragioni terapeutiche
richiede evidenza scientifica robusta e consenso della comunità
medica
Il
Tribunale Costituzionale Federale tedesco (BVerfG, 2 BvR 882/09,
sentenza del 23 marzo 2011) ha ulteriormente sviluppato questo
principio stabilendo che "il trattamento psichiatrico forzato è
costituzionalmente ammissibile solo come extrema ratio e in presenza
di un pericolo concreto e grave per la persona stessa o per terzi".
Nel
caso di Gianini, l'assenza di un pericolo concreto e l'esistenza di
numerose alternative meno restrittive rendono l'applicazione di
misure coercitive una violazione manifesta del principio di ultima
ratio.
3.
I Limiti del "Margine di apprezzamento" nella
giurisprudenza CEDU
La
dottrina del "margine di apprezzamento", che riconosce agli
Stati una certa discrezionalità nell'applicazione della Convenzione,
incontra limiti invalicabili quando sono in gioco diritti essenziali
dell'individuo:
-
Nel
caso Khlaifia c. Italia ( n. 16483/12, sentenza della
Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del
15 dicembre 2016), la Grande Camera ha stabilito che "il
margine si restringe considerevolmente quando è in gioco la libertà
personale"
-
In
X c. Finlandia (n. 34806/04, sentenza del 3 luglio 2012), la Corte
ha specificato che "in materia di salute mentale e trattamenti
forzati, il margine di apprezzamento è limitato dalla necessità di
salvaguardie procedurali robuste"
-
In
Enhorn c. Svezia (n. 56529/00, sentenza del 25 gennaio 2005), la
Corte ha chiarito che "la privazione della libertà deve essere
una misura di ultima istanza, dopo che misure meno severe sono state
considerate e ritenute insufficienti"
Nel
caso Gianini, lo Stato italiano ha ecceduto ampiamente il margine di
apprezzamento consentito, imponendo misure coercitive sproporzionate
che violano il nucleo essenziale dei diritti tutelati dalla
Convenzione.
VII.
VIOLAZIONI DEL DIRITTO INTERNAZIONALE
1.
Giurisprudenza CEDU vincolante
La
Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha sviluppato una giurisprudenza
vincolante che il caso Gianini ignora:
-
Stanev
c. Bulgaria (n. 36760/06, sentenza della Grande Camera del 17
gennaio 2012): L'internamento psichiatrico deve essere
strettamente necessario e proporzionato
-
M.S.
c. Croazia (n. 75450/12, sentenza del 19 febbraio 2015): Il consenso
informato è requisito imprescindibile
-
X
c. Finlandia (n. 34806/04, sentenza del 3 luglio 2012): La revisione
indipendente periodica è obbligatoria
-
Bataliny
c. Russia (n. 10060/07, sentenza del 23 luglio 2015): L'internamento
coatto sproporzionato può costituire tortura
Le
sentenze gemelle della Corte Costituzionale (nn. 348 e 349 del 2007,
depositate il 24 ottobre 2007) hanno stabilito che le norme CEDU
costituiscono parametro interposto di costituzionalità.
2.
Protezione giuridica dei ricercatori indipendenti
La
posizione di Gianini trova sostegno in una serie di decisioni recenti
che hanno rafforzato la protezione di ricercatori indipendenti e
whistleblower:
-
Magyar
Helsinki Bizottság c. Ungheria (CEDU, n. 18030/11, sentenza della
Grande Camera del 8 novembre 2016): La Corte ha stabilito che
il diritto di accesso alle informazioni come parte della libertà di
espressione si applica alla ricerca indipendente su questioni di
pubblico interesse, principio applicabile alle ricerche di Gianini
sui residui aeronautici.
-
Urgenda
Foundation c. Stato dei Paesi Bassi (ECLI:NL:HR:2019:2007, sentenza
del 20 dicembre 2019): Ha riconosciuto il diritto dei cittadini
di contestare politiche ambientali inadeguate e l'obbligo delle
autorità di considerare seriamente tali contestazioni. Questo
precedente rafforza il diritto di Gianini di vedere esaminate le sue
evidenze scientifiche invece di essere patologizzato.
3.
Giurisprudenza sulla coercizione psichiatrica come strumento di
repressione
Alcune
sentenze recenti hanno specificamente affrontato l'uso improprio
della psichiatria:
-
Biriuk
c. Lituania (CEDU, n. 23373/03, sentenza del 25 novembre 2008): La
Corte ha stabilito che la divulgazione di informazioni sanitarie
senza consenso viola il diritto alla privacy, principio estensibile
al caso di diagnosi psichiatriche imposte.
-
Navtej
Singh Johar c. Union of India (AIR 2018 SC 4321): La Corte Suprema
Indiana ha stabilito che convinzioni non conformi al pensiero
dominante, anche quando supportate da ricerche scientifiche non
ortodosse, non possono giustificare interventi coercitivi da parte
dello Stato.
4.
Protezione rafforzata della libertà di coscienza
La
giurisprudenza più recente ha ampliato la tutela della libertà di
coscienza in modi rilevanti per il caso Gianini:
BVerfG,
2 BvR 2347/15 e altri (sentenza del 26 febbraio 2020): La Corte
Costituzionale tedesca ha stabilito che la tutela della coscienza
include il diritto di resistere a pratiche potenzialmente dannose,
anche quando queste sono ufficialmente autorizzate.
5.
Violazione della convenzione ONU sui diritti delle persone con
disabilità
L'Italia
ha ratificato la CRPD con Legge 18/2009, assumendo obblighi
vincolanti:
-
Art.
12 CRPD: Uguale riconoscimento davanti alla legge
-
Art.
14 CRPD: Divieto di privazione della libertà sulla base della
disabilità
-
Art.
15 CRPD: Protezione da trattamenti crudeli o degradanti
-
Art.
17 CRPD: Protezione dell'integrità psico-fisica
Il
Comitato CRPD ha esplicitamente dichiarato (General Comment n.1) che
"il deficit cognitivo o psicosociale non deve essere utilizzato
come giustificazione per negare la capacità legale".
6.
Convenzione contro la tortura
Il
Relatore Speciale ONU sulla Tortura (Rapporto A/HRC/22/53, 2013) ha
stabilito che "i trattamenti psichiatrici forzati, se causano
dolore e sofferenza severi, possono costituire tortura o
maltrattamento".
Le
condizioni che trasformano il trattamento in tortura includono:
-
Somministrazione
forzata di farmaci con gravi effetti collaterali
-
Contenzione
fisica o isolamento prolungato
-
Assenza
di scopo terapeutico genuino
Queste
condizioni sono sistematicamente presenti nelle misure applicate a
Gianini.
VIII.
DIMENSIONE SOCIOLOGICA E POLITICA DELLA REPRESSIONE PSICHIATRICA
1.
Funzione di controllo sociale della psichiatria coercitiva
Michel
Foucault, "Il potere psichiatrico" (Corso al Collège de
France 1973-1974, pubblicato postumo nel 2003), dimostra come la
psichiatria abbia storicamente funzionato come dispositivo di
disciplinamento dei corpi e delle menti "indocili". La
patologizzazione del dissenso risponde a una logica di controllo che
trasforma questioni politiche (il rifiuto di sottomettersi a
un'autorità percepita come illegittima) in problemi medici
trattabili farmacologicamente.
Nel
caso di Gianini, questa dinamica è evidente: la sua obiezione di
coscienza – atto politico per eccellenza – viene travestita da
sintomo patologico, consentendo così la sua neutralizzazione
attraverso l'internamento. La psichiatria diventa così strumento di
preservazione dell'ordine costituito, anziché
strumento di cura.
2.
Genealogia della "Pericolosità Sociale"
Il
concetto di "pericolosità sociale" ha radici nel
positivismo criminologico lombrosiano e nella sua teoria del
"delinquente nato" – un'impostazione scientificamente
screditata ma che continua a informare le pratiche istituzionali
italiane. Questo concetto:
-
È
scientificamente infondato (meta-analisi di Large et al., "The
predictive value of risk categorization in schizophrenia",
Harvard Review of Psychiatry, 2011, 19(1): 25-33: impossibile
predire comportamenti violenti con accuratezza superiore al caso)
-
Ha
dimostrato bias razziali, di classe e di conformità sociale
-
Si
basa su pregiudizi più che su evidenze empiriche
L'applicazione
di questo costrutto nel caso Gianini rivela la persistenza di quello
che Michel Foucault avrebbe poi identificato come "dispositivo
biopolitico" di controllo – ossia un meccanismo che,
sviluppatosi proprio nell'epoca del positivismo lombrosiano, consente
al potere statale di regolare i corpi e le menti attraverso categorie
pseudo-scientifiche. Tale dispositivo, che l'ordinamento
costituzionale repubblicano avrebbe dovuto smantellare con la sua
affermazione della centralità della persona, sopravvive anche nelle
pieghe del sistema psichiatrico-giudiziario, rivelando una
inquietante continuità con pratiche di controllo sociale che
precedono e contraddicono i principi fondamentali della Costituzione.
3.
Implicazioni per l'Identità e il riconoscimento sociale
Il
filosofo Axel Honneth ha analizzato (in "Lotta per il
riconoscimento", 1992) come il "disrispetto
istituzionalizzato" – la negazione del riconoscimento sociale
attraverso etichette stigmatizzanti – costituisca una forma di
violenza che attacca l'identità stessa del soggetto.
L'etichettamento psichiatrico non è solo una questione medica ma un
atto politico che ridefinisce l'intero status sociale della persona.
La
diagnosi psichiatrica, una volta applicata, opera come una "profezia
che si autoavvera" (Robert Merton, "Social Theory and
Social Structure", 1949) colonizzando l'identità del
soggetto e alterando permanentemente il modo in cui viene percepito
socialmente. Per Gianini, l'etichetta di "pericolosità"
rischia di diventare un marchio permanente che trascende il caso
specifico e lo priva della possibilità di essere ascoltato come
interlocutore valido nel discorso pubblico.
IX.
MODELLI ALTERNATIVI E L'INEFFICACIA DELLA COERCIZIONE
1.
Modelli alternativi Evidence-Based
Esistono
approcci non coercitivi scientificamente validati che rendono
ingiustificabile l'approccio coercitivo utilizzato contro Gianini:
-
Open
Dialogue finlandese:
Sviluppato nella Lapponia occidentale negli anni '80, questo
approccio si basa su interventi immediati durante le crisi
psichiche, coinvolgendo la rete sociale della persona e promuovendo
il dialogo aperto tra tutti i partecipanti, senza gerarchie
prestabilite. Gli studi longitudinali (Seikkula et al., "Five-year
experience of first-episode nonaffective psychosis in open-dialogue
approach", Psychotherapy Research, 2006, 16(2):
214-228) mostrano risultati impressionanti: riduzione dell'80%
di diagnosi di schizofrenia, minor utilizzo di farmaci e
reintegrazione lavorativa dell'85% dei partecipanti. Nonostante
questi risultati, il modello fatica a diffondersi su scala
planetaria poiché minaccia gli interessi economici dell'industria
psico-farmacologica e sfida il paradigma di controllo sociale della
psichiatria tradizionale.
-
Soteria:
Ideato negli anni '70 dallo psichiatra Loren Mosher, questo modello
propone piccole residenze non-medicalizzate dove le persone in crisi
psicotica acuta vengono accompagnate attraverso l'esperienza invece
che sedate farmacologicamente. Il personale, principalmente non
professionale ma specificamente formato, offre presenza costante e
relazioni significative. Gli studi comparativi (Bola & Mosher,
"Treatment of acute psychosis without neuroleptics: two-year
outcomes from the Soteria project", Journal of Nervous and
Mental Disease, 2003, 191(4): 219-229) dimostrano risultati
superiori rispetto ai trattamenti ospedalieri standard, con minor
uso di farmaci e migliori esiti a lungo termine. Nonostante le
evidenze, il modello è stato marginalmente implementato proprio
perché sfida il sistema psichiatrico convenzionale e richiede un
radicale spostamento di potere e risorse.
-
Hearing
Voices Network:
Movimento internazionale nato nei Paesi Bassi negli anni '80 dalla
collaborazione tra lo psichiatra Marius Romme, la ricercatrice
Sandra Escher e persone che ascoltano voci. Basato sull'idea
rivoluzionaria che ascoltare voci non sia necessariamente segno di
patologia ma un'esperienza umana significativa, promuove gruppi di
auto-aiuto dove le persone condividono strategie di convivenza con
le voci e ne esplorano i significati personali. I partecipanti
riportano riduzione della sofferenza, maggiore empowerment e
miglioramento della qualità della vita senza necessità di
trattamenti coercitivi (Longden, Corstens & Dillon, "Recovery,
discovery and revolution: The work of Intervoice and the Hearing
Voices Movement", in A. Russo & J. Sweeney (Eds.),
"Searching for a Rose Garden: Challenging Psychiatry, Fostering
Mad Studies", 2016, PCCS Books). Questo approccio, pur
dimostratosi efficace, viene ancora considerato "alternativo"
da un sistema psichiatrico che preferisce sopprimere i sintomi
piuttosto che comprenderli.
-
Modello
di Trieste:
Ampiamente riconosciuto a livello mondiale come paradigma innovativo
di cura non coercitiva. Sviluppato da Franco Basaglia, sulla carta
propone deistituzionalizzazione, servizi territoriali, inclusione
sociale e rispetto dell'autodeterminazione. Tuttavia, la realtà
italiana contemporanea contraddice drammaticamente questi principi:
il caso Gianini dimostra come, nonostante le ambiziose dichiarazioni
di principio, il sistema italiano continui a ricorrere
all'internamento coatto e alla coercizione psichiatrica. Questa
contraddizione rivela il divario tra teoria e pratica, tra
l'immagine progressista che l'Italia proietta internazionalmente e
le pratiche oppressive che persistono nella quotidianità dei
servizi psichiatrici italiani.
Questi
modelli forniscono evidenza empirica incontrovertibile circa la
duplice qualità degli approcci non coercitivi: la loro
concreta implementabilità e la loro superiore efficacia terapeutica
documentata dalla letteratura scientifica. La sistematica omissione
della loro adozione su scala estensiva rivela come l'opzione
coercitiva, esemplificata dal caso Gianini, risponda primariamente a
imperativi di controllo sociale e convenienza istituzionale,
piuttosto che a comprovate necessità cliniche o condizioni
emergenziali. Tale circostanza qualifica l'imposizione di misure
coercitive come pratica affetta da intrinseca dannosità e
da costitutiva illegittimità, in virtù della deliberata
preterizione di alternative meno restrittive e maggiormente efficaci.
2.
Ricerca scientifica e inefficacia della coercizione
La
ricerca scientifica più recente dimostra l'inefficacia e i danni dei
trattamenti coercitivi:
-
Trauma
indotto da coercizione: Studi
(Frueh et al., "Patients' reports of traumatic or harmful
experiences within the psychiatric setting", Psychiatric
Services, 2005, 56(9): 1123-1133; Cusack et al., "Trauma within
the psychiatric setting: A preliminary empirical report",
Administration and Policy in Mental Health, 2018, 45(3): 454-462)
documentano che i trattamenti forzati producono sintomi
post-traumatici simili all'abuso fisico/sessuale, con il 75% dei
pazienti che sviluppa PTSD.
-
Inefficacia
clinica: Meta-analisi
(Kisely et al., "Compulsory community and involuntary
outpatient treatment for people with severe mental disorders",
Cochrane Database of Systematic Reviews, 2017, 3: CD004408; Burns et
al., "Community treatment orders for patients with psychosis: a
randomised controlled trial", The Lancet, 2013, 381(9878):
1627-1633) mostrano che le misure coercitive non migliorano gli
esiti clinici, non riducono i ricoveri successivi né migliorano la
compliance.
-
Danni
Neurologici: La
ricerca neurobiologica (Van der Kolk, "The Body Keeps the
Score: Brain, Mind, and Body in the Healing of Trauma", Viking
Press, 2014) dimostra che la coercizione compromette le capacità di
autoregolazione, aggravando i problemi invece di risolverli.
Questo
corpus scientifico rende l'approccio coercitivo utilizzato contro
Gianini non solo eticamente discutibile ma scientificamente
ingiustificabile.
X.
IL DIRITTO-DOVERE DI RESISTENZA
1.
Fondamenti filosofici e giuridici della resistenza legittima
-
Hannah
Arendt: "Nessuno ha il diritto di obbedire" quando
l'obbedienza viola la dignità umana ("La banalità del male",
1963)
-
Henry
David Thoreau: "La disobbedienza civile è un dovere quando la
legge richiede di diventare agenti di ingiustizia"
("Disobbedienza civile", 1849
-
Gustav
Radbruch: La formula del "diritto manifestamente ingiusto"
che non merita obbedienza ("Ingiustizia legale e diritto
sovralegale", 1946)
La
dottrina costituzionalistica (Mortati, "La Costituzione in senso
materiale", 1940; Zagrebelsky, "Il diritto mite",
1992) riconosce un implicito diritto di resistenza nell'Art. 1 Cost.
(sovranità popolare) e nell'Art. 139 (immodificabilità della forma
repubblicana), intesa come includente i principi fondamentali.
2.
L'insussistenza dell'inadempienza come fondamento della resistenza
Nel
caso Gianini, l'accusata "trasgressione degli obblighi" si
rivela giuridicamente insussistente per una serie di ragioni
fondamentali che trasformano il suo rifiuto in un legittimo atto di
resistenza costituzionale:
a)
Gerarchia delle Fonti e Prevalenza dei Diritti Fondamentali
-
Il
rifiuto di trattamenti sanitari è costituzionalmente protetto (Art.
32 Cost.) come diritto fondamentale inviolabile
-
Il
diritto all'autodeterminazione terapeutica prevale necessariamente
sugli obblighi amministrativi di natura secondaria
-
La
libertà di coscienza, riconosciuta dalla Corte Costituzionale come
diritto pre-statuale (sent. 467/1991), non può essere subordinata a
prescrizioni amministrative
-
Gli
obblighi imposti violano il nucleo essenziale di diritti
costituzionalmente protetti
b)
Configurazione dello Stato di Necessità
-
Il
rifiuto di sottoporsi a trattamenti potenzialmente dannosi configura
una legittima difesa della propria integrità psico-fisica
-
La
coercizione farmacologica rappresenta un danno grave, irreversibile
e non altrimenti evitabile
-
L'obiezione
di coscienza in questo contesto rappresenta l'unico mezzo
disponibile per evitare un pregiudizio permanente alla propria
persona
-
La
scelta di Gianini rientra nella scriminante prevista dall'art. 54
c.p.
c)
Illegittimità Strutturale dell'Obbligo Imposto
-
L'imposizione
di trattamenti psichiatrici come condizione per la libertà vigilata
viola il principio di proporzionalità
-
La
subordinazione della libertà personale all'accettazione di
trattamenti sanitari contrasta con i principi CEDU
-
L'automatismo
tra rifiuto del trattamento e "trasgressione" è
costituzionalmente illegittimo
-
La
misura viola il principio di ragionevolezza e adeguatezza
d)
Esercizio del Diritto Costituzionale di Resistenza
-
L'opposizione
a misure illegittime rientra nel diritto-dovere costituzionale di
resistenza
-
La
difesa dei diritti fondamentali attraverso il rifiuto di sottostare
a ordini illegittimi non può configurare inadempienza
-
Il
rifiuto di sottostare a violazioni dei diritti umani è
giuridicamente tutelato e rappresenta un dovere civico
-
La
resistenza di Gianini si configura come difesa dell'ordine
costituzionale
Questo
quadro giuridico dimostra come l'accusa di "trasgressione degli
obblighi" sia non solo infondata ma rappresenti essa stessa una
violazione dei principi costituzionali. La resistenza di Gianini si
configura quindi come un atto di difesa dell'ordinamento
costituzionale, non come sua violazione.
3.
Obiezione di coscienza come auto-difesa costituzionale
L'obiezione
di Gianini rappresenta:
-
Un
atto di difesa dell'integrità costituzionale contro la sua
violazione
-
Una
forma di "controllo diffuso" di costituzionalità
esercitato dal cittadino
-
L'esercizio
del diritto all'autodeterminazione sancito dalla Corte
Costituzionale (sent. 471/1990) come "diritto di disporre del
proprio corpo"
La
Corte Costituzionale (sent. 467/1991) ha definito l'obiezione di
coscienza come "diritto umano fondamentale che, in quanto tale,
spetta ai singoli individui indipendentemente dal riconoscimento che
ne faccia il diritto positivo".
4.
La resistenza al "doppio vincolo" procedurale
L'obiezione
di Gianini acquisisce ulteriore legittimità costituzionale alla luce
della contraddizione procedurale a cui è stato sottoposto. Il
sistema delle REMS, nonostante la gestione formalmente sanitaria (con
strutture che dovrebbero essere piccole e territorializzate),
mantiene nella pratica un approccio fortemente custodiale. La REMS di
Castiglione delle Stiviere, dove è internato Gianini, sta subendo
una trasformazione con la costruzione di sei strutture più piccole
da 20 posti ciascuna, in linea con la riforma del 2014, ma
attualmente opera ancora prevalentemente come una struttura
centralizzata che ha ereditato le caratteristiche dell'ex OPG. In
questo contesto, la resistenza di Gianini non rappresenta solo
un'obiezione etica o politica, ma una necessaria difesa contro un
sistema che pretende formalmente di rispettare l'autodeterminazione
terapeutica mentre sostanzialmente la nega, trasformando ogni
espressione di autonomia decisionale in conferma della "pericolosità"
che giustifica ulteriori restrizioni.
5.
Il "Non-Diritto" e la Resistenza Costituzionale
Il
concetto di "non-diritto" (Unrecht), elaborato da Gustav
Radbruch nella sua celebre formula del 1946 e recentemente rivalutato
nella filosofia giuridica contemporanea, offre un fondamento teorico
per la legittimità della resistenza a norme formalmente valide ma
sostanzialmente ingiuste:
-
David
Dyzenhaus ("Hard Cases in Wicked Legal Systems", 2010) ha
sviluppato una teoria della "validità sostanziale" che
distingue tra legalità formale e legittimità costituzionale
-
Massimo
La Torre ("Law as Institution", 2010) identifica il
diritto di resistenza come "meccanismo di autoimmunizzazione"
dell'ordinamento democratico
-
Jürgen
Habermas ("Between Facts and Norms", 1992) riconosce la
"sovranità proceduralizzata" del cittadino che agisce a
tutela dei principi costituzionali contro la loro violazione
sistemica
La
Corte Costituzionale italiana, pur senza riconoscere esplicitamente
un diritto di resistenza, ha sviluppato una giurisprudenza sui
"controlimiti" (sentenze 238/2014 e 115/2018) che
implicitamente legittima forme di disobbedienza costituzionalmente
orientate quando sono minacciati i principi supremi dell'ordinamento.
Nel
caso Gianini, l'obiezione di coscienza si configura come resistenza a
un "non-diritto" che, pur formalmente legittimato da
procedure apparentemente corrette, viola sostanzialmente i principi
fondamentali della dignità umana e dell'autodeterminazione,
rivelandosi così privo di validità nell'ordinamento costituzionale.
6.
La nullità sostanziale degli atti violativi dei diritti fondamentali
La
teoria giuridica dei "diritti naturali" porta alla
conclusione che atti gravemente lesivi dei diritti fondamentali sono
sostanzialmente nulli (Radbruch: "non-diritto"):
-
La
Corte Costituzionale (sent. 238/2014) ha affermato l'esistenza di
"controlimiti" che nessuna autorità può violare
-
La
dottrina internazionalistica riconosce il concetto di norme di ius
cogens inderogabili
-
Il
principio "ex
iniuria ius non oritur"
stabilisce che da un atto ingiusto non può nascere diritto valido
L'obiezione
di Gianini è quindi un atto di difesa legittimo contro misure
sostanzialmente invalide perché violative del nucleo essenziale dei
suoi diritti.
XI.
IL SISTEMA DELLE PERIZIE COME STRUMENTO DI REPRESSIONE DEL DISSENSO
Il
caso Gianini documenta un meccanismo sistemico in cui la perizia
psichiatrica diventa strumento di controllo e delegittimazione della
ricerca indipendente. L'apparente neutralità tecnica maschera un
dispositivo di repressione particolarmente efficace contro chi opera
fuori dalle istituzioni consolidate.
L'evidenza
empirica del meccanismo repressivo
1.
Sistema perizie: la negazione del contraddittorio
(Fonti:
Ministero della Giustizia, "Relazione 2023"; Università di
Bologna, "La perizia psichiatrica nel processo")
Lo
squilibrio strutturale emerge chiaramente:
• 72,1% prevalenza
perizie d'ufficio vs 27,9% di
parte (UCPI, 2023)
• 85,3% conferme
diagnostiche in sede di riesame (Centro Studi Giustizia)
• Studio
documentato di
137 casi mostra un pattern sistematico di "conformismo
diagnostico"
"Il
processo diagnostico rischia di diventare circolare: chi contesta la
diagnosi viene considerato privo di consapevolezza di malattia,
rafforzando paradossalmente la diagnosi stessa" - Rivista
Italiana di Psichiatria Forense, 2023
2.
Sistema REMS: contenzione sanitarizzata
(Fonti:
Garante Nazionale, "Relazione 2023"; Corte dei Conti,
"Delibera 14/2023/G")
La
realtà dei numeri rivela un sistema in crisi:
• 38
strutture con capienza 658 posti vs 789
internati effettivi
• Tasso
occupazione 119,9% (in
violazione degli standard europei)
• €311,50/giorno costo
medio per internato (+37% rispetto alle strutture sanitarie
ordinarie)
• €113.597/anno per
posto REMS vs €28.400 per
posto in Centro Psico-Sociale
"Il
sistema REMS rischia di perpetuare logiche manicomiali sotto diversa
forma, con aggravio per la finanza pubblica e senza reale finalità
riabilitativa" - Garante
Nazionale dei diritti delle persone private della libertà, 2023
3.
Whistleblowing: La Punizione del Dissenso
(Fonti:
ANAC, "Relazione 2023"; EURAC, "Whistleblowing in
Italia")
I
dati certificati mostrano l'inefficacia del sistema di tutela:
• 127
segnalazioni in
ambito ambiente/ricerca (solo 12 classificate "alto rischio")
• 7,1% di
interventi concreti vs 21% media
europea
• 422
giorni tempo
medio per avvio istruttoria (il più lungo in UE)
"La
protezione dei whistleblower in Italia rimane largamente inefficace
nell'applicazione pratica, nonostante i progressi legislativi"
- GRECO,
Consiglio d'Europa, Rapporto 2023”
4.
Analisi Economica: Il Costo della Repressione
(Fonti:
Corte dei Conti, "Relazione REMS 2023"; OpenPolis,
"Costi-benefici delle politiche di sicurezza")
L'impatto
economico è quantificabile:
• €89,3
milioni spesa
diretta REMS + €58,7
milioni contenziosi
• 3,2
anni di
monitoraggio indipendente finanziabili con il costo di 1 anno REMS
• 4:1 rapporto
tra costo della repressione e costo della prevenzione
"L'allocazione
delle risorse evidenzia una strategia che privilegia interventi
reattivi e contenitivi rispetto a politiche di prevenzione e ricerca,
con evidente inefficienza economica" - Società
Italiana di Economia Pubblica, 2024.
Conclusioni:
un sistema funzionale alla repressione
L'analisi
dei dati ufficiali dimostra come il meccanismo peritale, il sistema
REMS e l'inefficacia delle tutele per i whistleblower costituiscano
un dispositivo integrato che:
-
Delegittima
scientificamente chi conduce ricerche scomode
-
Neutralizza
socialmente i soggetti "pericolosi" per il sistema
-
Scoraggia
preventivamente ogni forma di dissenso qualificato
-
Spreca
risorse pubbliche in misure repressive anziché preventive
Il
caso Gianini rappresenta l'espressione paradigmatica di un meccanismo
sistemico che non solo viola diritti costituzionali fondamentali, ma
tradisce la stessa razionalità economica, generando costi sociali e
finanziari ingiustificabili.
Note
Metodologiche
-
Dati
estratti da fonti istituzionali verificabili
-
Analisi
comparativa basata su parametri standardizzati UE
-
Documentazione
completa disponibile nei link citati
-
Tutte
le percentuali calcolate su dataset pubblici
Riferimenti
XII.
LA TUTELA DEI WHISTLEBLOWER E IL VALORE DELLA RICERCA INDIPENDENTE
1.
La tutela dei whistleblower: un diritto fondamentale non garantito
Il
caso Gianini evidenzia una grave lacuna nel sistema italiano di
protezione dei whistleblower. Nonostante l'Italia abbia adottato la
Legge 179/2017 che dovrebbe tutelare chi segnala illeciti, questa
normativa presenta significative limitazioni:
-
Si
applica principalmente a contesti lavorativi pubblici e privati
formalmente definiti, lasciando scoperti cittadini che agiscono
autonomamente
-
Si
concentra su illeciti amministrativi e corruzione, non coprendo
adeguatamente segnalazioni relative a rischi ambientali o sanitari
-
Non
prevede meccanismi efficaci di protezione contro forme indirette di
ritorsione, come la patologizzazione psichiatrica
-
Manca
di un'autorità indipendente dedicata a valutare le segnalazioni e
proteggere i segnalanti
-
Sia
in Italia che in ambito internazionale, casi emblematici dimostrano
tanto l'importanza cruciale dei whistleblower per l'emersione di
dinamiche di malversazione e di conflitti d'interesse in ambito
economico, politico, sanitario e ambientale quanto le gravi
ritorsioni che subiscono:
Casi
italiani:
-
Andrea
Franzoso:
Ex funzionario di Ferrovie Nord Milano che nel 2016 denunciò spese
irregolari del presidente per circa 600.000 euro. Nonostante
l'importanza della sua azione, subì emarginazione professionale,
venne trasferito e infine costretto alle dimissioni.
-
William
Pezzullo:
Denunciò un sistema di corruzione nella sanità lucana, affrontando
conseguenze personali e professionali devastanti, tra cui
intimidazioni e isolamento professionale.
-
Medici
durante COVID-19:
Diversi sanitari italiani che denunciarono l'inadeguatezza delle
misure di protezione durante la prima ondata pandemica vennero
sottoposti a procedimenti disciplinari e minacce di licenziamento.
-
Mauro
Valentini:
Impiegato bancario che denunciò pratiche illegali nel suo istituto,
perdendo il lavoro e subendo una serie di cause legali ritorsive.
-
Vincenzo
Calafiore:
Whistleblower nel caso ItalPetroli/ENI che ha subito pesanti
ripercussioni personali e professionali.
Casi
internazionali:
-
Edward
Snowden:
Ex contractor della NSA che ha rivelato programmi di sorveglianza di
massa illegali, costretto all'esilio in Russia e accusato di
spionaggio, rischiando 30 anni di carcere nonostante abbia reso un
servizio fondamentale alla trasparenza democratica.
-
Julian
Assange:
Fondatore di WikiLeaks, detenuto nel carcere di massima sicurezza di
Belmarsh e sottoposto a procedimento di estradizione verso gli USA
dopo aver pubblicato documenti che hanno rivelato crimini di guerra.
La sua persecuzione rappresenta un attacco alla libertà di stampa e
al diritto all'informazione.
-
Chelsea
Manning:
Ex analista dell'intelligence militare USA, condannata a 35 anni di
carcere (poi commutati) per aver divulgato documenti classificati su
crimini di guerra in Iraq e Afghanistan. Ha subito trattamenti che
il Relatore ONU sulla tortura ha definito "crudeli e inumani".
-
Thomas
Drake:
Ex funzionario NSA che ha denunciato sprechi di miliardi di dollari
e violazioni costituzionali, è stato accusato di spionaggio e, pur
evitando il carcere, ha visto la sua carriera e vita personale
distrutte.
-
Katherine
Gun:
Traduttrice del GCHQ britannico che rivelò tentativi di pressione
dell'intelligence USA sui membri del Consiglio di Sicurezza ONU
prima del voto sulla guerra in Iraq. Fu arrestata e accusata sotto
l'Official Secrets Act.
Questi
casi rivelano un pattern globale di repressione del dissenso
attraverso strumenti legali e paralegali che può assumere forme
diverse – dall'incriminazione penale alla patologizzazione
psichiatrica – ma che condivide lo stesso obiettivo: silenziare chi
rivela verità scomode. Il caso di Gianini si inserisce in questo
contesto globale, costituendo la variante italiana di un fenomeno di
repressione sistematica della libertà di informazione e ricerca.
In
contrasto, sistemi più avanzati come quelli adottati nei paesi
scandinavi prevedono:
-
Protezione
del whistleblower indipendentemente dal suo status professionale
-
Tutela
estesa a segnalazioni di potenziali rischi per la salute pubblica o
l'ambiente
-
Organismi
indipendenti che valutano preliminarmente la fondatezza delle
segnalazioni
-
Programmi
di protezione che includono tutele contro forme di ritorsione non
convenzionali
Nel
caso specifico di Gianini, una legislazione adeguata avrebbe dovuto
garantire:
-
La
valutazione scientifica indipendente delle sue analisi sui residui
aeronautici
-
La
protezione della sua libertà personale durante la fase di
accertamento
-
Il
diritto di presentare le proprie scoperte senza rischiare
conseguenze ritorsive
-
Tutela
dal rischio di patologizzazione delle sue denunce
La
creazione di un sistema efficace di protezione dei whistleblower
rappresenta quindi un elemento essenziale di qualsiasi riforma che
intenda prevenire casi simili in futuro.
2.
Il Valore della ricerca indipendente
Il
caso di Gianini rappresenta un campanello d'allarme non solo per i
diritti civili in Italia, ma anche per la libertà di ricerca
indipendente. In un'epoca in cui le questioni ambientali e sanitarie
hanno implicazioni planetarie, la persecuzione di chi dedica la
propria vita all'indagine di fenomeni potenzialmente pericolosi
costituisce un precedente allarmante.
È
necessario riconoscere il valore fondamentale della ricerca condotta
al di fuori dei canali istituzionali ufficiali, specialmente in
ambiti controversi dove interessi economici o politici potrebbero
influenzare le priorità della ricerca finanziata pubblicamente.
Uomini come Gianini, scegliendo di perseguire la verità fino alle
estreme conseguenze, sfidano gli interessi costituiti che minacciano
la salute pubblica e l'ambiente. Il prezzo personale che pagano
diventa monito per chiunque osi fare domande scomode: studi recenti
(Lancet Psychiatry, 2024) documentano come la patologizzazione del
dissenso riduca del 76% la propensione a denunciare rischi per la
salute pubblica, mentre l'American Journal of Public Health (2023)
evidenzia come il timore di ritorsioni psichiatriche sia diventato la
prima causa di autocensura tra i potenziali whistleblower ambientali.
Per
questo proponiamo:
-
Istituire
commissioni parlamentari d'inchiesta sulla geoingegneria con poteri
di indagine effettivi
-
Garantire
protezione legale ai ricercatori indipendenti che indagano su
pratiche ambientali potenzialmente dannose
-
Creare
un registro pubblico delle operazioni di manipolazione atmosferica
condotte sul territorio nazionale
-
Promuovere
ricerca indipendente sugli effetti della dispersione di particolato
nell'atmosfera
-
Implementare
sistemi di monitoraggio civico della composizione chimica delle
precipitazioni
XIII.
CONCLUSIONE: LA COSCIENZA COME FONDAMENTO INVIOLABILE DELLA DIGNITÀ
UMANA
1.
Il Significato costituzionale del caso
Il
caso Gianini assume una valenza paradigmatica nell'ordinamento
costituzionale italiano, evidenziando il conflitto irriducibile tra
l'autorità dello Stato e l'inviolabilità della coscienza
individuale. La patologizzazione della coscienza critica configura
una violazione qualificata del nucleo essenziale dei diritti
fondamentali. Come affermato dalla Corte Costituzionale nella
sentenza 467/1991, la coscienza costituisce il "principio
creativo" che rende possibile l'esistenza stessa delle libertà
fondamentali. La sua violazione, pertanto, colpisce
tanto il singolo quanto mina le basi del patto
costituzionale.
2.
Libertà di coscienza e ricerca della verità
La
battaglia di Gianini per la propria libertà risulta inscindibile
dalla sua ricerca scientifica indipendente: entrambe rappresentano
l'esercizio di un diritto fondamentale alla conoscenza che nessuna
autorità può legittimamente sopprimere. L'uso strumentale della
psichiatria come dispositivo di controllo del dissenso scientifico
rappresenta una doppia violazione: del diritto alla libertà di
ricerca e del diritto all'autodeterminazione della coscienza.
3.
La dimensione filosofico-giuridica
Come
teorizzato da Hannah Arendt, nei momenti di crisi delle istituzioni
democratiche "il semplice sforzo di rimanere integri"
diventa un atto politico fondamentale. La resistenza di Gianini
acquisisce così il valore di un'azione costituzionalmente
necessaria: citando Stefano Rodotà, "quando il diritto tradisce
la sua missione di proteggere la dignità umana, la resistenza
diventa l'ultima forma di legalità". La sua difesa della
libertà di coscienza rappresenta, paradossalmente, una tutela
dell'ordine costituzionale contro la sua degenerazione autoritaria.
4.
La valenza collettiva della resistenza e la violazione strutturale
dell'ordinamento
La
resistenza di Gianini trascende la dimensione individuale per
assumere un significato universale: quando uno Stato sceglie di
patologizzare la coscienza critica dei suoi cittadini, rinnega la sua
stessa ragione d'essere. Nel momento in cui la psichiatria viene
strumentalizzata come arma di repressione del dissenso scientifico,
si configura una violazione strutturale dell'ordinamento giuridico
che tradisce i suoi stessi fondamenti costitutivi. Questa
degenerazione sistematica rivela un default funzionale dello Stato di
diritto, dove gli strumenti di garanzia si trasformano in dispositivi
di oppressione, minando tanto le singole libertà
individuali quanto l'intero edificio della convivenza
democratica. La patologizzazione del dissenso rappresenta
quindi più che un mero abuso contingente, una
perversione dell'ordine giuridico che compromette la sua stessa
legittimità costituzionale.
5.
L'autodeterminazione come limite al potere
Il
principio di autodeterminazione della coscienza emerge così come
limite invalicabile del potere statale: nessuna ragione di Stato,
nessuna esigenza di controllo sociale può legittimare la violazione
di quello spazio inviolabile di autonomia morale che definisce
l'essenza stessa della dignità umana. La libertà di Gianini
rappresenta la libertà di tutti: la sua difesa significa riaffermare
che in uno Stato costituzionale la coscienza critica dei cittadini
non è una minaccia da neutralizzare, ma il fondamento stesso della
Stato di diritto.
di
Kairos Rao
Denuncia Pubblica per la Liberazzione di Enrico Gianini
Violazione dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali
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