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"EX INIURIA IUS NON ORITUR"
"Da un'azione ingiusta non può nascere diritto": il caso Enrico Gianini

'EX INIURIA IUS NON ORITUR''Da un'azione ingiusta non può nascere diritto': il caso Enrico Gianini

Questo documento analizza il caso di Enrico Gianini, attualmente detenuto in una struttura psichiatrica, come esempio emblematico del conflitto tra autodeterminazione della coscienza e controllo statale. Il caso solleva questioni fondamentali su:

  • Libertà di coscienza come diritto costituzionale pre-statuale

  • Uso improprio della psichiatria come strumento di controllo sociale

  • Protezione dei ricercatori indipendenti e whistleblower

  • Limiti del potere statale di fronte ai diritti fondamentali

  • Inadeguatezza del sistema italiano delle misure di sicurezza

Il documento esamina le implicazioni giuridiche, costituzionali e sociali del caso, evidenziando come la patologizzazione del dissenso rappresenti una minaccia ai principi fondamentali dello Stato di diritto. L'analisi si sviluppa attraverso prospettive multiple: costituzionale, internazionale, sociologica e filosofica, proponendo una riforma organica del sistema delle misure di sicurezza psichiatriche.


CRONOLOGIA DEI FATTI

  • 2015-2016: Inizio delle ricerche indipendenti sui residui aeronautici durante il suo impiego presso l'aeroporto di Malpensa

  • 2016: Invio di campioni di carburante aereo a laboratori specializzati per analisi indipendenti che hanno confermato la presenza di 16 metalli nei carburanti che non dovrebbero essere presenti

  • 2018-2019: Presentazione esposti documentati alle Procure italiane, comprensivi di analisi di laboratorio certificate dei risultati delle analisi chimiche sui carburanti aerei, che mostravano presenze di bario, sodio, cromo, piombo e tracce di uranio

  • Marzo 2019: Incidente stradale in cui Gianini stesso chiamò la polizia dopo essere stato quasi speronato da un'auto, ma poi la situazione si ribaltò e fu lui ad essere accusato di aggressione a un agente, provocandogli la slogatura di un dito, nonostante non abbia mai mostrato comportamenti violenti o aggressivi

  • 2019-2020: Condanna a 6 mesi di reclusione:

    • 40 giorni di detenzione

    • Seguito da arresti domiciliari

    • Imposizione perizia psichiatrica d'ufficio

  • 2020-2024: Imposizione libertà vigilata con:

    • Obbligo di firma in questura

    • Obbligo di trattamento presso CPS

  • Per quasi due anni, rifiuto consapevole sia dell'obbligo di firma che degli incontri obbligatori al CPS, considerandoli illegittimi

  • 20 febbraio 2025: Arresto per "trasgressione degli obblighi"

  • 25 febbraio 2025: Trasferimento alla REMS di Castiglione delle Stiviere:

    • Prospettiva di detenzione per almeno un anno

    • Possibilità di proroga semestrale

    • Ulteriore anno di libertà vigilata previsto


AUTODETERMINAZIONE DELLA COSCIENZA E DIRITTO NATURALE: IL CASO ENRICO GIANINI

I. IL CASO GIANINI: UN ATTACCO ALLA LIBERTÀ DI COSCIENZA

Enrico Gianini è attualmente detenuto in una struttura psichiatrica per aver esercitato la propria obiezione di coscienza contro misure restrittive impostegli sulla base di accuse di "pericolosità sociale" che ha sempre respinto come infondate.

Dai numerosi video e interventi pubblici disponibili, appare a centinaia di migliaia di persone come un uomo perfettamente lucido e capace di intendere e volere, che ha scelto consapevolmente di mettersi al servizio del popolo attraverso un atto che molti considerano eroico: condurre analisi scientifiche sui residui aeronautici, commissionare test di laboratorio a proprie spese, documentare sistematicamente le sue scoperte e, infine, rifiutare di sottomettersi a un sistema che, invece di verificare le sue evidenze, ha preferito etichettarlo come pericoloso. Il suo atto di resistenza civile rappresenta il culmine di un percorso di ricerca indipendente condotto con rigore e dedizione al bene comune, dimostrando come la difesa della verità e quella dei diritti fondamentali siano inscindibilmente legate.

Come emerge chiaramente dalle sue comunicazioni pubbliche e come documentato nella perizia psichiatrica indipendente commissionata dalla famiglia e redatta dal noto psichiatra forense dott. Alessandro Meluzzi, Gianini non presenta alcuna patologia psichiatrica che giustifichi interventi coattivi. Nonostante questa perizia indipendente certificasse che Gianini non soffriva di disturbi psichiatrici, il tribunale ha dato prevalenza alla perizia d'ufficio. La perizia evidenzia come le sue convinzioni, pur non conformi al pensiero dominante, rientrino pienamente nell'ambito dell'esercizio della libertà di pensiero costituzionalmente garantita. È particolarmente preoccupante che nel 2015 sia stata introdotta nei manuali psichiatrici internazionali la classificazione di "disturbo cospirativo paranoide" o "sindrome paranoide complottista", che patologizza l'interesse per teorie non allineate al pensiero dominante. Gianini ha sottolineato ripetutamente di non avere alcun bisogno del trattamento proposto, manifestando con lucidità e coerenza logica la sua determinazione di non riconoscere come legittimi né il metodo terapeutico imposto né l'autorità dello Stato italiano che lo ha ordinato; lo stesso Stato che, dopo aver sistematicamente ignorato le sue denunce documentate e le analisi di laboratorio sui residui aeronautici, anziché verificarne il merito scientifico, ha preferito criminalizzare il messaggero attraverso un meccanismo di patologizzazione basato su criteri diagnostici vaghi e soggettivi. Questo ribaltamento, da ricercatore meritevole di attenzione a soggetto "pericoloso" da contenere, rappresenta un inquietante esempio di come il sistema risponda alle sfide alle narrative ufficiali.

La sua posizione rappresenta l'espressione di una scelta consapevole basata su convinzioni etiche e politiche, non il sintomo di una patologia.


II. RICERCA SCIENTIFICA E VERITÀ: LE EVIDENZE DOCUMENTATE DI GIANINI

1. Il contesto scientificamente accertato della geoingegneria

La ricerca condotta da Gianini sui residui aeronautici a Malpensa si inserisce in un contesto di modificazioni climatiche ampiamente documentato e istituzionalmente riconosciuto:

  • Progetti UE Ufficiali

    • Solar Radiation Management Governance Initiative (SRMGI): iniziativa internazionale, non specificamente europea, fondata dalla Royal Society, Environmental Defense Fund e World Academy of Sciences, che studia tecniche di modificazione della radiazione solare

    • Horizon Europe Climate Actions: programma che include ricerche su soluzioni climatiche, le cui specifiche tecniche necessitano di citazioni più precise

    • EuPRAXIA: studi su particolato atmosferico e modificazioni climatiche

  • Riconoscimento delle Organizzazioni Internazionali

    • WMO (World Meteorological Organization): riconosce e documenta ufficialmente attività di "weather modification" a livello globale

    • IPCC Sixth Assessment Report (2021-2023): menziona tecniche di geoingegneria tra le potenziali strategie di mitigazione climatica

    • American Meteorological Society: mantiene posizioni ufficiali aggiornate periodicamente sulla modificazione meteorologica

Questi progetti utilizzano tecniche e materiali compatibili con i residui analizzati da Gianini.


2. Analisi specifiche e risultati documentati

Le analisi chimiche condotte da Gianini sui carburanti aerei e sui residui aeronautici, inviate nel 2016 a un laboratorio specializzato francese (Francia Analitica del dott. Talier), hanno rivelato la presenza di sostanze altamente problematiche e incompatibili con la normale composizione dei carburanti commerciali: hanno rivelato la presenza di 16 metalli che non dovrebbero essere presenti nei carburanti, incluse sostanze potenzialmente problematiche:

  • Metalli pesanti identificati:

    • Bario

    • Sodio

    • Cromo

    • Piombo

    • Tracce di uranio

Le analisi sono state effettuate presso laboratori certificati, utilizzando metodologie standard di spettrometria di massa e altre tecniche analitiche riconosciute dalla comunità scientifica. I risultati di queste analisi, presentati alle Procure italiane, rappresentano prove concrete che avrebbero richiesto, secondo le normali procedure, l'apertura di indagini approfondite sulla potenziale contaminazione ambientale e sui rischi per la salute pubblica.


3. Base documentale e validazione scientifica

Le ricerche di Gianini sono supportate da:

  • Brevetti registrati verificabili (es. US Patent 3,813,875 di Rowland, a14, sulla creazione di nuvole ioniche nell'atmosfera superiore)

  • Pubblicazioni scientifiche sulla chimica atmosferica

  • Rapporti governativi declassificati

  • Documentazione di programmi militari storici (Operation Popeye)


4. La Contraddizione Procedurale nel Trattamento Obbligatorio

La posizione di Gianini rivela una contraddizione fondamentale nel sistema italiano delle misure di sicurezza con prescrizioni sanitarie. Da un lato, la normativa sanitaria (Legge 833/1978) stabilisce che i trattamenti sono volontari, salvo specifiche eccezioni; dall'altro, nel contesto della libertà vigilata, questi trattamenti diventano "prescrizioni" obbligatorie. Quando Gianini ha esercitato il diritto costituzionale al rifiuto dei trattamenti (Art. 32 Cost.), tale rifiuto è stato paradossalmente trasformato in una "trasgressione degli obblighi", rivelando il "doppio vincolo" intrinseco nel sistema: il soggetto deve accettare "volontariamente" un trattamento imposto come obbligo, negando così sia la reale volontarietà sia il diritto costituzionale di rifiuto. Va sottolineato che i diritti fondamentali come la libertà di coscienza e il rifiuto di trattamenti sanitari sono costituzionalmente protetti anche quando la forma della loro espressione può non rispettare tutti i requisiti procedurali.


III. LA COSCIENZA COME DIRITTO NATURALE PRE-STATUALE

1. Statuto Costituzionale della Coscienza

La Corte Costituzionale italiana, nella sentenza 467/1991 (depositata il 19 dicembre 1991), ha definito la coscienza individuale come "principio creativo che rende possibile la realtà delle libertà fondamentali dell'uomo" e come "valore costituzionale così elevato da giustificare la previsione di esenzioni dalla conformità a norme imperative". Questa definizione riconosce la coscienza come valore pre-statuale che lo Stato deve proteggere, non sopprimere.

La priorità della coscienza rispetto al potere statale è archetipicamente rappresentata dall'Antigone sofoclea, che oppone le ἄγραπτα νόμιμα (leggi non scritte) al decreto del sovrano. Questa intuizione fondamentale viene sistematizzata nel ius naturale stoico-romano (Cicerone: "Est quidem vera lex recta ratio"), nella synderesis tomistica come partecipazione della persona alla lex aeterna, e nella elaborazione del diritto di resistenza dalla Scuola di Salamanca (Suárez, Vitoria) fino al giusnaturalismo moderno, costituendo l'humus giuridico-filosofico dei diritti e fondamentali contemporanei.

Questa concezione trova corrispondenze significative in tradizioni giuridiche non occidentali: il yi () confuciano come imperativo morale sovraordinato al diritto positivo (Hsü Dau-lin, 1975); lo svadharma nella tradizione indiana come limite intrinseco al potere politico (Sen, 2009); il hurriyat al-damir (libertà di coscienza) nel diritto islamico contemporaneo, ancorato al maqasid al-shari'ah come tutela dell'interiorità personale (Al-Alwani, 2005); e l'ubuntu nelle giurisprudenze costituzionali africane post-coloniali come fondamento dell'inviolabilità della dignità morale (S v. Makwanyane, 1995).

La tradizione filosofico-giuridica contemporanea, attraverso un dialogo transnazionale che abbraccia diverse matrici teoriche, converge nel riconoscere la libertà di coscienza come principio fondativo dell'ordine giuridico stesso. Ronald Dworkin (in "Taking Rights Seriously", 1977 e "Justice for Hedgehogs", 2011) elabora il concetto di "diritto all'indipendenza etica" come "diritto prevalente" (trumping right, nella sua formulazione originale) che prevale necessariamente su qualsiasi considerazione di utilità collettiva, stabilendo un limite invalicabile al potere coercitivo dello Stato. Questa posizione trova corrispondenza nella teoria dei diritti fondamentali di Robert Alexy (in "A Theory of Constitutional Rights", 1986), che configura la libertà morale come "principio di ottimizzazione" dotato di precedenza prima facie rispetto a qualsiasi interesse statale, richiedendo un "peso sostanzialmente maggiore" agli interessi contrapposti per giustificare limitazioni.

La prospettiva anglosassone e quella continentale si ricongiungono nella riflessione di Martha Nussbaum (in "Creating Capabilities", 2011), che identifica la "ragion pratica" – la capacità di formare una concezione autonoma del bene – come requisito strutturale di qualsiasi società giusta, riecheggiando le tesi di Amartya Sen sul legame inscindibile tra libertà di coscienza e sviluppo umano.

Sul versante europeo, Jürgen Habermas (in "Between Facts and Norms", 1992) riconosce nell'"autonomia morale" del soggetto la precondizione dell'agire che rende possibile la stessa legittimazione dell'ordinamento giuridico.

Nel contesto italiano, questa convergenza trova espressione nelle elaborazioni di Norberto Bobbio (in "L'età dei diritti", 1990), che identifica la libertà di coscienza come "diritto soggettivo perfetto" che non necessita di giustificazione positiva in quanto logicamente anteriore alla formazione dell'ordinamento, e nella teoria dei "diritti fondamentali come sfera dell'indecidibile" di Luigi Ferrajoli (2001), che sottrae costitutivamente la coscienza individuale sia al potere delle maggioranze che alle logiche della ragion di stato. Gustavo Zagrebelsky (in "Il diritto mite", 1992) completa questa architettura teorica identificando nei diritti di coscienza il "momento infrangibile" del costituzionalismo contemporaneo.

Questa straordinaria convergenza, che trascende tradizioni giuridiche e orientamenti filosofici altrimenti divergenti riflette il riconoscimento di una verità giuridica fondamentale: la soppressione della coscienza individuale rappresenta non solo una violazione dei diritti del singolo, ma un attentato ai fondamenti stessi della legittimità costituzionale, pregiudicando le condizioni minime di qualsiasi patto sociale che riconosca l'uguale dignità delle persone. Come sintetizzato efficacemente da Joseph Raz (in "The Morality of Freedom", 1986), "L'autonomia morale non è semplicemente un valore che lo Stato deve rispettare, ma la condizione stessa che rende possibile la legittimità dell'autorità politica".


2. Diritti naturali costituzionalmente protetti

L'articolo 2 della Costituzione "riconosce" (non "concede") i diritti inviolabili, ammettendo la loro preesistenza rispetto all'ordinamento giuridico. Il verbo "riconoscere" implica che tali diritti esistono indipendentemente dalla volontà del legislatore, configurandosi come diritti naturali che lo Stato deve rispettare.

Il costituzionalista Costantino Mortati (in "Istituzioni di diritto pubblico", 1975) definisce questi diritti come "limiti assoluti al potere statale", mentre la Corte Costituzionale (sentenza 1146/1988, depositata il 29 dicembre 1988) ha identificato "principi supremi" che non possono essere sovvertiti o modificati nemmeno da leggi di revisione costituzionale.


3. La "Trappola del doppio vincolo" nelle istituzioni psichiatriche

Il sistema impone a Gianini quello che lo psichiatra Gregory Bateson definisce un "doppio vincolo" – una situazione comunicativa patologica in cui:

  • Se accetta la sorveglianza: implicitamente ammette la legittimità dell'etichetta di "pericolosità"

  • Se rifiuta la sorveglianza: conferma la sua "pericolosità" e giustifica misure più restrittive

Questo meccanismo, analizzato dal sociologo Erving Goffman come "mortificazione del sé", rende impossibile qualsiasi difesa efficace, trasformando ogni forma di resistenza in ulteriore giustificazione per la coercizione. Si tratta di un sistema circolare perfettamente chiuso che nega l'accesso a qualsiasi rimedio effettivo.

Il concetto di "doppio vincolo", introdotto inizialmente da Bateson nel 1956, è stato recentemente rivalutato nella letteratura giuridica contemporanea come potente strumento di analisi dei meccanismi coercitivi mascherati da procedure terapeutiche:

  • T.M. Luhrmann, "Of Two Minds: The Growing Disorder in American Psychiatry" (2000) ha documentato come nei contesti psichiatrici istituzionali il doppio vincolo operi in modo pervasivo: l'accettazione passiva della diagnosi è interpretata come "insight", mentre il disaccordo è classificato come sintomo di "anosognosia" o mancanza di consapevolezza di malattia

  • Bernadette McSherry & Penelope Weller, "Rethinking Rights-Based Mental Health Laws" (2010) hanno analizzato come questo meccanismo circolare mini alla base il diritto a un giusto processo nei contesti psichiatrici, rendendo impossibile qualsiasi contestazione efficace

  • Lidz et al. (2000, "Perceived Coercion in Mental Hospital Admission", Archives of General Psychiatry) hanno documentato l'"effetto escalation" nei contesti psichiatrici coercitivi: la resistenza del paziente viene interpretata come ulteriore sintomo patologico, giustificando l'intensificazione delle misure restrittive e creando un ciclo di coercizione che si autoalimenta.

Questa struttura comunicativa patologica non è un semplice effetto collaterale, ma un meccanismo costitutivo del sistema di controllo psichiatrico che neutralizza qualsiasi possibilità di difesa effettiva, trasformando le garanzie procedurali in simulacri vuoti di tutela. Nel contesto specifico delle misure di sicurezza, il doppio vincolo assume una dimensione giuridica particolarmente insidiosa: il diritto alla difesa viene formalmente garantito ma sostanzialmente svuotato dalla circolarità argomentativa che trasforma ogni tentativo di contestazione in ulteriore evidenza della necessità di controllo.


4. La contestabilità epistemologica delle categorie diagnostiche psichiatriche

L'uso della psichiatria come strumento di controllo sociale si fonda su premesse epistemologicamente contestabili che meritano approfondimento:

  • Le classificazioni diagnostiche psichiatriche (DSM) hanno subito radicali trasformazioni storiche non basate su progressi nella comprensione neurobiologica ma su cambiamenti socio-culturali e convenzioni professionali (Paris & Phillips, "Making the DSM-5", 2013)

  • L'affidabilità diagnostica in psichiatria è stata messa in discussione da studi empirici: il più ampio studio di affidabilità per il DSM-5 ha mostrato livelli di concordanza tra clinici sorprendentemente bassi per molte diagnosi chiave (kappa di Cohen tra 0.20 e 0.60) (Regier et al., 2013)

  • Il National Institute of Mental Health ha abbandonato ufficialmente il sistema DSM come base per la ricerca, riconoscendone le limitazioni scientifiche (Insel, 2013)

  • La British Psychological Society (2011) ha ufficialmente criticato il modello biomedico della sofferenza psichica, denunciando la "medicalizzazione dei problemi sociali"

  • È particolarmente inquietante che nel 2015 sia stata introdotta nei manuali psichiatrici una nuova classificazione di "disturbo cospirativo paranoide" o "sindrome paranoide complottista", che patologizza l'interesse per teorie non allineate al pensiero dominante, trasformando il dissenso intellettuale in patologia mentale

L'impiego di un sistema diagnostico così contestato come fondamento per limitazioni severe della libertà personale solleva problemi costituzionali fondamentali:

  • Viola il principio di determinatezza (Art. 25 Cost.) utilizzando categorie diagnostiche vaghe e soggettive

  • Contravviene al principio di scienza e coscienza medica (Art. 32 Cost.) imponendo trattamenti basati su presupposti scientificamente dubbiosi

  • Compromette il diritto alla difesa (Art. 24 Cost.) rendendo impossibile contestare efficacemente diagnosi che per loro natura non sono falsificabili secondo i normali standard scientifici

Nel caso Gianini, l'imposizione di un'etichetta diagnostica di "pericolosità sociale" basata su criteri soggettivi e scientificamente contestati rappresenta una violazione  tanto dei suoi diritti fondamentali quanto dei principi basilari della legittimità epistemica che dovrebbe informare qualsiasi limitazione della libertà basata su presupposti scientifici.


IV. LA PREVALENZA DELLA FORMA SULLA SOSTANZA: VIZIO COSTITUZIONALE

1. Il principio di effettività vs. formalismo procedurale

Nel caso Gianini emerge un vizio radicale del sistema giuridico italiano: la tendenza a privilegiare il rispetto formale delle procedure a scapito della giustizia sostanziale. Questo rovesciamento di priorità viola principi costituzionali fondamentali:

  • Principio di effettività della tutela: La Corte Costituzionale (sent. 238/2014) ha stabilito che "i diritti fondamentali devono ricevere una tutela effettiva e non meramente formale"

  • Principio di ragionevolezza: La Consulta (sent. 1/2013) ha affermato che le norme devono essere interpretate in modo da garantire la "ragionevolezza intrinseca" e non solo la correttezza procedurale

  • Sostanza costituzionale: Il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky ha definito la Costituzione come "diritto per principi" che richiede un'interpretazione sostanziale e non formalistica

Quando lo Stato antepone la forma alla sostanza, specialmente in materia di diritti fondamentali:

  • Tradisce la sua funzione di protezione della dignità umana

  • Viola il principio personalista (Art. 2 Cost.) che pone la persona al centro dell'ordinamento

  • Contravviene al principio supremo di effettività della tutela dei diritti inviolabili


2. L'irrilevanza dei vizi di forma nell'esercizio dei diritti fondamentali

Qualunque eventuale imprecisione formale nelle dichiarazioni di Gianini è irrilevante rispetto alla sostanza della sua posizione. I principi costituzionali stabiliscono che:

  • Principio di libertà delle forme nell'esercizio dei diritti fondamentali: La Corte Costituzionale (sent. 77/2018) ha stabilito che "le modalità formali di esercizio di un diritto fondamentale non possono pregiudicarne la sostanza"

  • Principio di interpretazione più favorevole alla libertà: Il diritto costituzionale impone di interpretare le dichiarazioni dell'individuo nel modo più favorevole all'esercizio delle libertà fondamentali

  • Principio del favor libertatis: In caso di dubbio, l'interpretazione deve sempre propendere per la soluzione che tutela maggiormente la libertà individuale

Per quanto riguarda i diritti fondamentali come la libertà di coscienza e il rifiuto di trattamenti sanitari, questi sono costituzionalmente protetti anche quando la forma della loro espressione può non rispettare tutti i requisiti procedurali

Lo Stato costituzionale di diritto è chiamato a guardare oltre le imperfezioni formali per cogliere la sostanza della rivendicazione di libertà. L'eventuale uso di termini impropri o procedure non canoniche se mai siano avvenute, non può mai giustificare la violazione di un diritto fondamentale.


V. I VIZI STRUTTURALI DELLA LEGISLAZIONE ITALIANA

1. Incongruenze costituzionali nel sistema delle misure di sicurezza

Il caso Gianini può rappresentare un punto di svolta nella storia dei diritti civili in Italia. La sua duplice battaglia - prima come ricercatore indipendente che ha documentato potenziali attività di geoingegneria a Malpensa, poi come uomo che resiste alla psichiatrizzazione forzata - mostra come oggi difendere il diritto alla verità significhi spesso sfidare un sistema che preferisce etichettare come "pericoloso" chi pone domande scomode.

Secondo quanto emerge da diverse fonti, la persecuzione giudiziaria contro Gianini ha avuto origine con un episodio controverso nel marzo 2019. In quella circostanza, fu lo stesso Gianini a chiamare la polizia dopo aver rischiato di essere speronato da un'auto che, secondo il suo racconto, lo stava deliberatamente inseguendo. Tuttavia, la situazione si ribaltò quando, dopo l'arrivo della polizia, Gianini venne accusato di aver aggredito un agente, provocandogli la slogatura di un dito, nonostante non avesse mai mostrato comportamenti violenti o aggressivi, neanche durante l'arresto. Questo rappresenta un'incredibile inversione dei fatti: da richiedente aiuto, Gianini si è trasformato in imputato.

Il sistema italiano delle misure di sicurezza psichiatriche presenta vizi strutturali che lo rendono incompatibile con i principi costituzionali:

  • Violazione del principio di determinatezza: Il concetto di "pericolosità sociale" è talmente vago da violare l'Art. 25 Cost. che richiede chiarezza nelle norme limitative della libertà

  • Inversione dell'onere della prova: È l'individuo a dover dimostrare di non essere pericoloso, in violazione della presunzione di innocenza

  • Assenza di proporzionalità: Le misure restrittive sono spesso sproporzionate rispetto alle esigenze dichiarate

  • Mancanza di rimedi effettivi: I ricorsi sono formali ma raramente sostanziali

Formalmente, le misure di sicurezza nel sistema italiano sono classificate come "amministrative" e non punitive in base al sistema del "doppio binario" introdotto dal Codice Rocco del 1930. Questa classificazione si fonda sul presupposto teorico che, mentre le pene rispondono alla colpevolezza per un fatto commesso (guardando al passato), le misure di sicurezza mirano a prevenire la commissione di reati futuri basandosi sulla "pericolosità sociale" (guardando al futuro). Proprio questa natura formalmente preventiva e non retributiva ha giustificato storicamente l'esclusione delle misure di sicurezza dalle garanzie costituzionali riservate alla materia penale, come la presunzione di innocenza (art. 27 Cost.) e il principio di irretroattività (art. 25 Cost.).

Tuttavia, questa distinzione formale è sempre più contestata per diverse ragioni fondamentali:

  • La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, a partire da sentenze storiche come Engel e altri c. Paesi Bassi (1976) e Welch c. Regno Unito (1995), ha sviluppato un approccio sostanziale alla "materia penale", stabilendo che la natura punitiva di una misura deve essere valutata in base ai suoi effetti concreti e non alla sua classificazione formale nel diritto interno.

  • La sentenza De Tommaso c. Italia (2017) ha criticato specificamente il sistema italiano delle misure di prevenzione, sottolineando che misure limitative della libertà personale, indipendentemente dalla loro classificazione formale, devono rispettare i principi di legalità, prevedibilità e proporzionalità.

  • M.K. and Others v. Poland (nn. 40503/17, 42902/17, 43643/17, sentenza del 23 luglio 2020) ha stabilito che interventi sistematici contro individui che contestano pratiche ufficiali devono essere soggetti a garanzie rigorose contro l'arbitrarietà.

  • Il caso Varbanov c. Bulgaria (2000) ha stabilito che la detenzione psichiatrica, anche quando formalmente classificata come "terapeutica", deve essere soggetta a rigide garanzie procedurali quando limita la libertà personale.

  • X c. Finlandia (n. 34806/04, sentenza del 3 luglio 2012) ha ulteriormente chiarito che il trattamento psichiatrico forzato deve essere soggetto a revisione giudiziaria indipendente e a garanzie contro l'arbitrarietà paragonabili a quelle del processo penale.

Come evidenziato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 253/2003 e ribadito nelle sentenze 139/2010 e 186/2015, anche le misure di sicurezza devono rispettare i principi fondamentali di proporzionalità e presunzione di non-pericolosità. Nel caso delle misure psichiatriche, nella pratica si verifica una problematica "presunzione di pericolosità" che continua fino a prova contraria: è l'individuo che deve dimostrare di non essere pericoloso, non l'autorità che deve provare oltre ogni ragionevole dubbio la sua pericolosità.

Questa inversione dell'onere della prova è particolarmente evidente nei casi di rifiuto del trattamento come quello di Gianini: il suo rifiuto di sottoporsi a trattamenti psichiatrici è stato interpretato come conferma della sua pericolosità, creando un circolo vizioso logicamente inattaccabile. Se accetta il trattamento, conferma implicitamente la validità della diagnosi; se lo rifiuta, dimostra la necessità di misure ancora più restrittive. Questo schema viola il principio fondamentale espresso dalla Corte Costituzionale nella sentenza 258/1994, secondo cui l'onere della prova deve gravare su chi intende limitare un diritto fondamentale, non su chi lo esercita.

La Corte Costituzionale (sent. 139/1982) ha dichiarato l'illegittimità delle presunzioni di pericolosità, ma il legislatore non ha mai adeguato il sistema.


2. Dal principio alla pratica: l'escalation coercitiva nel caso Gianini

Il caso Gianini offre una dimostrazione concreta di come i vizi strutturali del sistema si manifestino nella pratica, creando una spirale coercitiva inestricabile:

  • La trappola del doppio obbligo:

    • Imposizione di Libertà Vigilata con firma in questura

    • Obbligo parallelo di trattamenti farmacologici presso il CPS di Busto Arsizio

    • La questura incaricata di verificare l'adempimento degli obblighi sanitari

    • Qualsiasi inadempimento configura il reato di "Trasgressione degli Obblighi"

  • Meccanismo di Escalation:

    • Condanna iniziale a sei mesi di reclusione

    • Rifiuto consapevole sia dell'obbligo di firma che degli incontri obbligatori al CPS per quasi due anni, considerandoli illegittimi

    • Arresto per trasgressione degli obblighi

    • Trasferimento alla REMS per un periodo potenzialmente esteso


3. Il sistema REMS: la coercizione psichiatrica in veste sanitaria

Le REMS (Residenze per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza), introdotte dalla L. 81/2014, rappresentano la moderna evoluzione degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, mantenendone tuttavia la sostanza coercitiva sotto una nuova veste formale:

  • Quadro Normativo:

    • D.L. 211/2011 convertito in L. 9/2012

    • D.L. 52/2014 convertito in L. 81/2014

    • Art. 3-ter D.L. 211/2011 sui requisiti strutturali

  • Caratteristiche Giuridiche:

    • Gestione esclusivamente sanitaria

    • Massimo 20 posti letto (in teoria, ma con significative deroghe nella pratica)

    • Programma terapeutico formalmente individualizzato

    • Permanenza legata alla "pericolosità sociale"

    • Durata massima correlata alla pena edittale del reato contestato

Come evidenziato dalla stessa Direttrice Sanitaria, questo sistema produce un etichettamento permanente: una volta apposta, la diagnosi psichiatrica diventa un marchio indelebile nel sistema giudiziario italiano, creando un circolo vizioso dove:

  • La diagnosi giustifica la misura di sicurezza

  • Il rifiuto della misura viene interpretato come conferma della diagnosi

  • La trasgressione degli obblighi porta a misure più restrittive

  • Ogni forma di resistenza viene letta come ulteriore prova di "pericolosità"

Questo meccanismo perverso viola simultaneamente:

  • Il diritto alla presunzione di innocenza (art. 27 Cost.)

  • Il principio di proporzionalità delle misure restrittive

  • Il diritto a un rimedio effettivo (art. 24 Cost.)

  • La libertà di autodeterminazione terapeutica (art. 32 Cost.)

L'intreccio tra controllo amministrativo (firma in questura) e coercizione sanitaria (trattamenti obbligatori) crea un sistema di controllo totale che ricorda i peggiori aspetti della psichiatria istituzionale che la legge Basaglia intendeva superare.


4. Le contraddizioni strutturali del sistema REMS

Il sistema delle REMS, presentato come superamento del modello manicomiale degli OPG, rivela nella prassi contraddizioni profonde che ne compromettono la funzione riabilitativa. La REMS di Castiglione delle Stiviere, dove è attualmente detenuto Gianini, rappresenta un caso emblematico di queste contraddizioni.

Mentre la riforma del 2014 prevedeva strutture di dimensioni contenute, integrate nel territorio e con un'impostazione primariamente sanitaria, nella realtà il sistema REMS italiano è caratterizzato da:

• Persistenza dell'approccio custodiale: Nonostante la gestione formalmente sanitaria, prevale una logica di contenimento e controllo, con scarsa attenzione ai percorsi terapeutici individualizzati

• Deficit strutturale di risorse: Carenza cronica di personale specializzato, in particolare psichiatri, psicologi e tecnici della riabilitazione, compromettendo la qualità dei percorsi terapeutici

• Discontinuità territoriale: Isolamento delle strutture REMS dai servizi territoriali di salute mentale, impedendo l'effettiva continuità terapeutica

• Tempi di permanenza dilatati: La durata media dell'internamento supera significativamente i termini inizialmente previsti, con proroghe sistematiche che trasformano misure teoricamente temporanee in forme di detenzione a tempo indeterminato

Le relazioni del Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale e dell'Osservatorio Stop OPG documentano come, dietro la facciata di un'assistenza sanitaria, si celi una realtà di controllo sociale che riproduce le logiche manicomiali che la riforma intendeva superare.

Il paradosso del sistema REMS è che, pur essendo state concepite come alternativa più umana e terapeutica agli OPG, finiscono spesso per riprodurre i medesimi meccanismi di istituzionalizzazione, privazione della libertà e stigmatizzazione. Questo fenomeno, definito come "istituzionalizzazione mascherata", rivela come il cambiamento di denominazione e gestione formale non abbia prodotto una trasformazione sostanziale nell'approccio alla salute mentale in ambito giudiziario.

Nel caso di Gianini, il passaggio diretto dall'obbligo di trattamento presso il CPS all'internamento in REMS illustra un'escalation coercitiva che contraddice la gradualità e proporzionalità dichiarate come principi fondanti della riforma. Questa discontinuità, non giustificata da eventi specifici ma esclusivamente dal rifiuto di un trattamento percepito come illegittimo, evidenzia come il sistema utilizzi la minaccia dell'internamento come strumento di pressione per ottenere la conformità ai trattamenti territoriali.


5. Il percorso dal CPS alla REMS: l'incoerenza del sistema psichiatrico-giudiziario

La vicenda di Gianini illustra la contraddizione fondamentale nell'articolazione tra servizi territoriali (CPS) e strutture detentive (REMS) nel sistema italiano:

Centri Psico-Sociali (CPS) rappresentano il primo livello dell'assistenza psichiatrica territoriale, istituiti seguendo i principi della riforma Basaglia. Questi servizi sono concepiti come spazi terapeutici non coercitivi, fondati sul principio costituzionale della volontarietà delle cure. La loro missione originaria è fornire assistenza in un contesto non stigmatizzante, rispettando l'autodeterminazione della persona.

Quando, come nel caso di Gianini, il Tribunale di Sorveglianza impone l'obbligo di trattamento presso il CPS come condizione della libertà vigilata, si crea un cortocircuito logico-giuridico: un servizio fondato sulla volontarietà viene trasformato in strumento di controllo penale, dove il rifiuto del "trattamento volontario obbligatorio" costituisce trasgressione punibile con l'internamento in REMS.

Le REMS, pur presentate come superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, mantengono nella sostanza la funzione detentiva, mascherata da una gestione formalmente sanitaria. Questa transizione dal CPS alla REMS non rappresenta un continuum terapeutico, ma un'escalation punitiva che utilizza il linguaggio della cura per legittimare pratiche coercitive.

La frattura tra i principi dichiarati (volontarietà, gradualità, territorialità) e la prassi effettiva (obbligatorietà, escalation, isolamento) costituisce non un'anomalia ma la logica strutturale di un sistema che, attraverso eufemismi giuridici e camuffamenti semantici, aggira le garanzie costituzionali trasformando diritti in obblighi e resistenza legittima in conferma di pericolosità.


6. Quadro normativo italiano: diritto positivo e principi costituzionali in conflitto

L'attuale quadro normativo italiano presenta una tensione irrisolta tra i principi costituzionali di libertà personale e autodeterminazione terapeutica e la prassi applicativa delle misure di sicurezza psichiatriche. Questa contraddizione si manifesta in particolare:

  • Nel conflitto tra il diritto costituzionale al rifiuto dei trattamenti sanitari (Art. 32) e l'imposizione di terapie come condizione per la libertà personale

  • Nella violazione del principio di determinatezza delle misure restrittive attraverso l'uso di categorie diagnostiche vaghe e soggettive

  • Nel contrasto tra la presunzione di non colpevolezza e l'automatismo che trasforma il rifiuto del trattamento in prova di pericolosità

  • Nell'incompatibilità tra il diritto alla difesa e un sistema che patologizza ogni forma di contestazione

Questi conflitti normativi rivelano un sistema che, pur formalmente rispettoso dei principi costituzionali, nella sostanza li viola sistematicamente.


7. Confronto con sistemi giuridici avanzati

L'arretratezza del sistema italiano emerge chiaramente nel confronto internazionale:

  • Finlandia: Il sistema Open Dialogue ha ridotto l'uso dei TSO dell'85% con migliori risultati clinici

  • Germania: La Corte Costituzionale tedesca (BVerfG, 2 BvR 882/09, sentenza del 23 marzo 2011) ha stabilito che il trattamento psichiatrico coatto è ammissibile solo come ultima ratio e richiede garanzie stringenti

  • Regno Unito: Il Mental Capacity Act 2005 stabilisce la presunzione di capacità e il diritto al supporto decisionale

  • Norvegia: Ha avviato un processo di eliminazione graduale della coercizione psichiatrica

  • Perù: La Legge 30947/2019 ha eliminato l'internamento involontario

L'Italia, nonostante la rivoluzione basagliana, mantiene un sistema che Amnesty International ha definito "incompatibile con gli standard internazionali sui diritti umani".


8. L'opacità informativa come elemento strutturale

L'opacità informativa che caratterizza il sistema delle REMS e più in generale delle strutture psichiatriche con funzioni detentive oltre ad essere un ostacolo pratico manifesta un elemento sintomatico della disfunzionalità dell'intero sistema. Nonostante la Legge 81/2014 e le successive direttive ministeriali prevedano teoricamente meccanismi di trasparenza, numerosi rapporti del Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale (2018-2022) hanno evidenziato criticità ricorrenti nell'accesso alle informazioni da parte di familiari e difensori. La carenza di trasparenza e accessibilità delle informazioni riguardanti lo stato dei pazienti, i trattamenti somministrati e le condizioni di permanenza compromette gravemente il diritto alla difesa e mina le garanzie procedurali fondamentali. Come confermato dal "Rapporto sulle REMS" della Società Italiana di Psichiatria (2021), l'assenza di protocolli standardizzati per la comunicazione con l'esterno costituisce una delle principali criticità del sistema. La giurisprudenza CEDU ha ripetutamente stabilito che la trasparenza dei trattamenti è requisito essenziale per la tutela dei diritti fondamentali in ambito psichiatrico, in particolare nelle sentenze Bataliny c. Russia (2015) e M.S. c. Croazia (2015). Anche in assenza di trattamenti farmacologici forzati, la permanenza stessa in una struttura detentiva contro la propria volontà, in particolare quando non vi è evidenza di patologie che richiedano interventi urgenti, costituisce una forma di coercizione difficilmente compatibile con i principi costituzionali.


VI. IL PRINCIPIO DI PROPORZIONALITÀ E ULTIMA RATIO NEL DIRITTO COSTITUZIONALE EUROPEO

1. Il Principio di proporzionalità come parametro di valutazione delle misure restrittive

Il principio di proporzionalità, pilastro del diritto costituzionale europeo, richiede che qualsiasi limitazione dei diritti fondamentali soddisfi tre criteri cumulativi:

  • Idoneità: la misura deve essere idonea a raggiungere lo scopo legittimo perseguito

  • Necessità: non devono esistere misure meno restrittive ugualmente efficaci

  • Proporzionalità in senso stretto: il sacrificio imposto al diritto deve essere proporzionato al beneficio collettivo

La Corte di Giustizia UE C-293/12 e C-594/12, Digital Rights Ireland e Seitlinger, sentenza dell'8 aprile 2014) ha esplicitamente stabilito che "quando sono in gioco diritti fondamentali, la discrezionalità del legislatore è limitata" e che l'intensità del controllo giurisdizionale deve essere proporzionalmente più elevata quanto più il diritto colpito è essenziale per la dignità della persona.

Nel caso Gianini, l'applicazione di questo test di proporzionalità rivela violazioni su tutti e tre i livelli:

  • Difetto di idoneità: l'internamento psichiatrico non è idoneo a risolvere obiezioni etiche e politiche

  • Difetto di necessità: esistevano numerose alternative meno invasive (es. dialogo, confronto scientifico)

  • Difetto di proporzionalità: il danno alla libertà di coscienza è assoluto, mentre il beneficio collettivo è inesistente


2. Il Principio di "Ultima Ratio" nelle restrizioni della libertà personale

Il diritto costituzionale europeo riconosce il principio di "ultima ratio" nella limitazione della libertà personale, elaborato dalla Corte EDU in plurime sentenze (Stanev c. Bulgaria, n. 36760/06, sentenza della Grande Camera del 17 gennaio 2012; Plesó c. Ungheria, n. 41242/08, sentenza del 2 ottobre 2012).  Questo principio stabilisce che:

  • La privazione della libertà personale è legittima solo quando ogni altra misura meno invasiva sia stata considerata e ritenuta insufficiente

  • Il semplice dissenso o la non conformità a convenzioni sociali non può mai giustificare misure restrittive

  • La limitazione della libertà per presunte ragioni terapeutiche richiede evidenza scientifica robusta e consenso della comunità medica

Il Tribunale Costituzionale Federale tedesco (BVerfG, 2 BvR 882/09, sentenza del 23 marzo 2011) ha ulteriormente sviluppato questo principio stabilendo che "il trattamento psichiatrico forzato è costituzionalmente ammissibile solo come extrema ratio e in presenza di un pericolo concreto e grave per la persona stessa o per terzi".

Nel caso di Gianini, l'assenza di un pericolo concreto e l'esistenza di numerose alternative meno restrittive rendono l'applicazione di misure coercitive una violazione manifesta del principio di ultima ratio.


3. I Limiti del "Margine di apprezzamento" nella giurisprudenza CEDU

La dottrina del "margine di apprezzamento", che riconosce agli Stati una certa discrezionalità nell'applicazione della Convenzione, incontra limiti invalicabili quando sono in gioco diritti essenziali dell'individuo:

  • Nel caso Khlaifia c. Italia ( n. 16483/12, sentenza della Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo del 15 dicembre 2016), la Grande Camera ha stabilito che "il margine si restringe considerevolmente quando è in gioco la libertà personale"

  • In X c. Finlandia (n. 34806/04, sentenza del 3 luglio 2012), la Corte ha specificato che "in materia di salute mentale e trattamenti forzati, il margine di apprezzamento è limitato dalla necessità di salvaguardie procedurali robuste"

  • In Enhorn c. Svezia (n. 56529/00, sentenza del 25 gennaio 2005), la Corte ha chiarito che "la privazione della libertà deve essere una misura di ultima istanza, dopo che misure meno severe sono state considerate e ritenute insufficienti"

Nel caso Gianini, lo Stato italiano ha ecceduto ampiamente il margine di apprezzamento consentito, imponendo misure coercitive sproporzionate che violano il nucleo essenziale dei diritti tutelati dalla Convenzione.


VII. VIOLAZIONI DEL DIRITTO INTERNAZIONALE

1. Giurisprudenza CEDU vincolante

La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha sviluppato una giurisprudenza vincolante che il caso Gianini ignora:

  • Stanev c. Bulgaria (n. 36760/06, sentenza della Grande Camera del 17 gennaio 2012): L'internamento psichiatrico deve essere strettamente necessario e proporzionato

  • M.S. c. Croazia (n. 75450/12, sentenza del 19 febbraio 2015): Il consenso informato è requisito imprescindibile

  • X c. Finlandia (n. 34806/04, sentenza del 3 luglio 2012): La revisione indipendente periodica è obbligatoria

  • Bataliny c. Russia (n. 10060/07, sentenza del 23 luglio 2015): L'internamento coatto sproporzionato può costituire tortura

Le sentenze gemelle della Corte Costituzionale (nn. 348 e 349 del 2007, depositate il 24 ottobre 2007) hanno stabilito che le norme CEDU costituiscono parametro interposto di costituzionalità.


2. Protezione giuridica dei ricercatori indipendenti

La posizione di Gianini trova sostegno in una serie di decisioni recenti che hanno rafforzato la protezione di ricercatori indipendenti e whistleblower:

  • Magyar Helsinki Bizottság c. Ungheria (CEDU, n. 18030/11, sentenza della Grande Camera del 8 novembre 2016): La Corte ha stabilito che il diritto di accesso alle informazioni come parte della libertà di espressione si applica alla ricerca indipendente su questioni di pubblico interesse, principio applicabile alle ricerche di Gianini sui residui aeronautici.

  • Urgenda Foundation c. Stato dei Paesi Bassi (ECLI:NL:HR:2019:2007, sentenza del 20 dicembre 2019): Ha riconosciuto il diritto dei cittadini di contestare politiche ambientali inadeguate e l'obbligo delle autorità di considerare seriamente tali contestazioni. Questo precedente rafforza il diritto di Gianini di vedere esaminate le sue evidenze scientifiche invece di essere patologizzato.

  • ClientEarth c. Commissione europea (T-851/16, sentenza del Tribunale UE del 7 marzo 2019): Ha stabilito principi importanti sull'accesso alle informazioni ambientali e la trasparenza nelle istituzioni pubbliche


3. Giurisprudenza sulla coercizione psichiatrica come strumento di repressione

Alcune sentenze recenti hanno specificamente affrontato l'uso improprio della psichiatria:

  • Biriuk c. Lituania (CEDU, n. 23373/03, sentenza del 25 novembre 2008): La Corte ha stabilito che la divulgazione di informazioni sanitarie senza consenso viola il diritto alla privacy, principio estensibile al caso di diagnosi psichiatriche imposte.

  • Navtej Singh Johar c. Union of India (AIR 2018 SC 4321): La Corte Suprema Indiana ha stabilito che convinzioni non conformi al pensiero dominante, anche quando supportate da ricerche scientifiche non ortodosse, non possono giustificare interventi coercitivi da parte dello Stato.


4. Protezione rafforzata della libertà di coscienza

La giurisprudenza più recente ha ampliato la tutela della libertà di coscienza in modi rilevanti per il caso Gianini:

  •  Carter c. Canada (2015 SCC 5, [2015] 1 S.C.R. 331): La Corte Suprema canadese ha riconosciuto che il diritto all'autodeterminazione include il diritto di agire secondo le proprie convinzioni etiche quando supportate da evidenze concrete.

BVerfG, 2 BvR 2347/15 e altri (sentenza del 26 febbraio 2020): La Corte Costituzionale tedesca ha stabilito che la tutela della coscienza include il diritto di resistere a pratiche potenzialmente dannose, anche quando queste sono ufficialmente autorizzate.


5. Violazione della convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità

L'Italia ha ratificato la CRPD con Legge 18/2009, assumendo obblighi vincolanti:

  • Art. 12 CRPD: Uguale riconoscimento davanti alla legge

  • Art. 14 CRPD: Divieto di privazione della libertà sulla base della disabilità

  • Art. 15 CRPD: Protezione da trattamenti crudeli o degradanti

  • Art. 17 CRPD: Protezione dell'integrità psico-fisica

Il Comitato CRPD ha esplicitamente dichiarato (General Comment n.1) che "il deficit cognitivo o psicosociale non deve essere utilizzato come giustificazione per negare la capacità legale".


6. Convenzione contro la tortura

Il Relatore Speciale ONU sulla Tortura (Rapporto A/HRC/22/53, 2013) ha stabilito che "i trattamenti psichiatrici forzati, se causano dolore e sofferenza severi, possono costituire tortura o maltrattamento".

Le condizioni che trasformano il trattamento in tortura includono:

  • Somministrazione forzata di farmaci con gravi effetti collaterali

  • Contenzione fisica o isolamento prolungato

  • Assenza di scopo terapeutico genuino

Queste condizioni sono sistematicamente presenti nelle misure applicate a Gianini.


VIII. DIMENSIONE SOCIOLOGICA E POLITICA DELLA REPRESSIONE PSICHIATRICA

1. Funzione di controllo sociale della psichiatria coercitiva

Michel Foucault, "Il potere psichiatrico" (Corso al Collège de France 1973-1974, pubblicato postumo nel 2003), dimostra come la psichiatria abbia storicamente funzionato come dispositivo di disciplinamento dei corpi e delle menti "indocili". La patologizzazione del dissenso risponde a una logica di controllo che trasforma questioni politiche (il rifiuto di sottomettersi a un'autorità percepita come illegittima) in problemi medici trattabili farmacologicamente.

Nel caso di Gianini, questa dinamica è evidente: la sua obiezione di coscienza – atto politico per eccellenza – viene travestita da sintomo patologico, consentendo così la sua neutralizzazione attraverso l'internamento. La psichiatria diventa così strumento di preservazione dell'ordine costituito,  anziché strumento di cura.


2. Genealogia della "Pericolosità Sociale"

Il concetto di "pericolosità sociale" ha radici nel positivismo criminologico lombrosiano e nella sua teoria del "delinquente nato" – un'impostazione scientificamente screditata ma che continua a informare le pratiche istituzionali italiane. Questo concetto:

  • È scientificamente infondato (meta-analisi di Large et al., "The predictive value of risk categorization in schizophrenia", Harvard Review of Psychiatry, 2011, 19(1): 25-33: impossibile predire comportamenti violenti con accuratezza superiore al caso)

  • Ha dimostrato bias razziali, di classe e di conformità sociale

  • Si basa su pregiudizi più che su evidenze empiriche

L'applicazione di questo costrutto nel caso Gianini rivela la persistenza di quello che Michel Foucault avrebbe poi identificato come "dispositivo biopolitico" di controllo – ossia un meccanismo che, sviluppatosi proprio nell'epoca del positivismo lombrosiano, consente al potere statale di regolare i corpi e le menti attraverso categorie pseudo-scientifiche. Tale dispositivo, che l'ordinamento costituzionale repubblicano avrebbe dovuto smantellare con la sua affermazione della centralità della persona, sopravvive anche nelle pieghe del sistema psichiatrico-giudiziario, rivelando una inquietante continuità con pratiche di controllo sociale che precedono e contraddicono i principi fondamentali della Costituzione.


3. Implicazioni per l'Identità e il riconoscimento sociale

Il filosofo Axel Honneth ha analizzato (in "Lotta per il riconoscimento", 1992) come il "disrispetto istituzionalizzato" – la negazione del riconoscimento sociale attraverso etichette stigmatizzanti – costituisca una forma di violenza che attacca l'identità stessa del soggetto. L'etichettamento psichiatrico non è solo una questione medica ma un atto politico che ridefinisce l'intero status sociale della persona.

La diagnosi psichiatrica, una volta applicata, opera come una "profezia che si autoavvera" (Robert Merton, "Social Theory and Social Structure", 1949) colonizzando l'identità del soggetto e alterando permanentemente il modo in cui viene percepito socialmente. Per Gianini, l'etichetta di "pericolosità" rischia di diventare un marchio permanente che trascende il caso specifico e lo priva della possibilità di essere ascoltato come interlocutore valido nel discorso pubblico.


IX. MODELLI ALTERNATIVI E L'INEFFICACIA DELLA COERCIZIONE

1. Modelli alternativi Evidence-Based

Esistono approcci non coercitivi scientificamente validati che rendono ingiustificabile l'approccio coercitivo utilizzato contro Gianini:

  • Open Dialogue finlandese: Sviluppato nella Lapponia occidentale negli anni '80, questo approccio si basa su interventi immediati durante le crisi psichiche, coinvolgendo la rete sociale della persona e promuovendo il dialogo aperto tra tutti i partecipanti, senza gerarchie prestabilite. Gli studi longitudinali (Seikkula et al., "Five-year experience of first-episode nonaffective psychosis in open-dialogue approach", Psychotherapy Research, 2006, 16(2): 214-228) mostrano risultati impressionanti: riduzione dell'80% di diagnosi di schizofrenia, minor utilizzo di farmaci e reintegrazione lavorativa dell'85% dei partecipanti. Nonostante questi risultati, il modello fatica a diffondersi su scala planetaria poiché minaccia gli interessi economici dell'industria psico-farmacologica e sfida il paradigma di controllo sociale della psichiatria tradizionale.

  • Soteria: Ideato negli anni '70 dallo psichiatra Loren Mosher, questo modello propone piccole residenze non-medicalizzate dove le persone in crisi psicotica acuta vengono accompagnate attraverso l'esperienza invece che sedate farmacologicamente. Il personale, principalmente non professionale ma specificamente formato, offre presenza costante e relazioni significative. Gli studi comparativi (Bola & Mosher, "Treatment of acute psychosis without neuroleptics: two-year outcomes from the Soteria project", Journal of Nervous and Mental Disease, 2003, 191(4): 219-229) dimostrano risultati superiori rispetto ai trattamenti ospedalieri standard, con minor uso di farmaci e migliori esiti a lungo termine. Nonostante le evidenze, il modello è stato marginalmente implementato proprio perché sfida il sistema psichiatrico convenzionale e richiede un radicale spostamento di potere e risorse.

  • Hearing Voices Network: Movimento internazionale nato nei Paesi Bassi negli anni '80 dalla collaborazione tra lo psichiatra Marius Romme, la ricercatrice Sandra Escher e persone che ascoltano voci. Basato sull'idea rivoluzionaria che ascoltare voci non sia necessariamente segno di patologia ma un'esperienza umana significativa, promuove gruppi di auto-aiuto dove le persone condividono strategie di convivenza con le voci e ne esplorano i significati personali. I partecipanti riportano riduzione della sofferenza, maggiore empowerment e miglioramento della qualità della vita senza necessità di trattamenti coercitivi (Longden, Corstens & Dillon, "Recovery, discovery and revolution: The work of Intervoice and the Hearing Voices Movement", in A. Russo & J. Sweeney (Eds.), "Searching for a Rose Garden: Challenging Psychiatry, Fostering Mad Studies", 2016, PCCS Books).  Questo approccio, pur dimostratosi efficace, viene ancora considerato "alternativo" da un sistema psichiatrico che preferisce sopprimere i sintomi piuttosto che comprenderli.

  • Modello di Trieste: Ampiamente riconosciuto a livello mondiale come paradigma innovativo di cura non coercitiva. Sviluppato da Franco Basaglia, sulla carta propone deistituzionalizzazione, servizi territoriali, inclusione sociale e rispetto dell'autodeterminazione. Tuttavia, la realtà italiana contemporanea contraddice drammaticamente questi principi: il caso Gianini dimostra come, nonostante le ambiziose dichiarazioni di principio, il sistema italiano continui a ricorrere all'internamento coatto e alla coercizione psichiatrica. Questa contraddizione rivela il divario tra teoria e pratica, tra l'immagine progressista che l'Italia proietta internazionalmente e le pratiche oppressive che persistono nella quotidianità dei servizi psichiatrici italiani.

Questi modelli forniscono evidenza empirica incontrovertibile circa la duplice qualità degli approcci non coercitivi:  la loro concreta implementabilità e la loro superiore efficacia terapeutica documentata dalla letteratura scientifica. La sistematica omissione della loro adozione su scala estensiva rivela come l'opzione coercitiva, esemplificata dal caso Gianini, risponda primariamente a imperativi di controllo sociale e convenienza istituzionale, piuttosto che a comprovate necessità cliniche o condizioni emergenziali. Tale circostanza qualifica l'imposizione di misure coercitive come pratica  affetta da intrinseca dannosità e da costitutiva illegittimità, in virtù della deliberata preterizione di alternative meno restrittive e maggiormente efficaci.


2. Ricerca scientifica e inefficacia della coercizione

La ricerca scientifica più recente dimostra l'inefficacia e i danni dei trattamenti coercitivi:

  • Trauma indotto da coercizione: Studi (Frueh et al., "Patients' reports of traumatic or harmful experiences within the psychiatric setting", Psychiatric Services, 2005, 56(9): 1123-1133; Cusack et al., "Trauma within the psychiatric setting: A preliminary empirical report", Administration and Policy in Mental Health, 2018, 45(3): 454-462) documentano che i trattamenti forzati producono sintomi post-traumatici simili all'abuso fisico/sessuale, con il 75% dei pazienti che sviluppa PTSD.

  • Inefficacia clinica: Meta-analisi (Kisely et al., "Compulsory community and involuntary outpatient treatment for people with severe mental disorders", Cochrane Database of Systematic Reviews, 2017, 3: CD004408; Burns et al., "Community treatment orders for patients with psychosis: a randomised controlled trial", The Lancet, 2013, 381(9878): 1627-1633) mostrano che le misure coercitive non migliorano gli esiti clinici, non riducono i ricoveri successivi né migliorano la compliance.

  • Danni Neurologici: La ricerca neurobiologica (Van der Kolk, "The Body Keeps the Score: Brain, Mind, and Body in the Healing of Trauma", Viking Press, 2014) dimostra che la coercizione compromette le capacità di autoregolazione, aggravando i problemi invece di risolverli.

Questo corpus scientifico rende l'approccio coercitivo utilizzato contro Gianini non solo eticamente discutibile ma scientificamente ingiustificabile.


X. IL DIRITTO-DOVERE DI RESISTENZA

1. Fondamenti filosofici e giuridici della resistenza legittima

  • Hannah Arendt: "Nessuno ha il diritto di obbedire" quando l'obbedienza viola la dignità umana ("La banalità del male", 1963)

  • Henry David Thoreau: "La disobbedienza civile è un dovere quando la legge richiede di diventare agenti di ingiustizia" ("Disobbedienza civile", 1849

  • Gustav Radbruch: La formula del "diritto manifestamente ingiusto" che non merita obbedienza ("Ingiustizia legale e diritto sovralegale", 1946)

  • Immanuel Kant: L'autonomia morale come fondamento della dignità umana ("Fondazione della metafisica dei costumi", 1785)

La dottrina costituzionalistica (Mortati, "La Costituzione in senso materiale", 1940; Zagrebelsky, "Il diritto mite", 1992) riconosce un implicito diritto di resistenza nell'Art. 1 Cost. (sovranità popolare) e nell'Art. 139 (immodificabilità della forma repubblicana), intesa come includente i principi fondamentali.


2. L'insussistenza dell'inadempienza come fondamento della resistenza

Nel caso Gianini, l'accusata "trasgressione degli obblighi" si rivela giuridicamente insussistente per una serie di ragioni fondamentali che trasformano il suo rifiuto in un legittimo atto di resistenza costituzionale:

a) Gerarchia delle Fonti e Prevalenza dei Diritti Fondamentali

  • Il rifiuto di trattamenti sanitari è costituzionalmente protetto (Art. 32 Cost.) come diritto fondamentale inviolabile

  • Il diritto all'autodeterminazione terapeutica prevale necessariamente sugli obblighi amministrativi di natura secondaria

  • La libertà di coscienza, riconosciuta dalla Corte Costituzionale come diritto pre-statuale (sent. 467/1991), non può essere subordinata a prescrizioni amministrative

  • Gli obblighi imposti violano il nucleo essenziale di diritti costituzionalmente protetti

b) Configurazione dello Stato di Necessità

  • Il rifiuto di sottoporsi a trattamenti potenzialmente dannosi configura una legittima difesa della propria integrità psico-fisica

  • La coercizione farmacologica rappresenta un danno grave, irreversibile e non altrimenti evitabile

  • L'obiezione di coscienza in questo contesto rappresenta l'unico mezzo disponibile per evitare un pregiudizio permanente alla propria persona

  • La scelta di Gianini rientra nella scriminante prevista dall'art. 54 c.p.

c) Illegittimità Strutturale dell'Obbligo Imposto

  • L'imposizione di trattamenti psichiatrici come condizione per la libertà vigilata viola il principio di proporzionalità

  • La subordinazione della libertà personale all'accettazione di trattamenti sanitari contrasta con i principi CEDU

  • L'automatismo tra rifiuto del trattamento e "trasgressione" è costituzionalmente illegittimo

  • La misura viola il principio di ragionevolezza e adeguatezza

d) Esercizio del Diritto Costituzionale di Resistenza

  • L'opposizione a misure illegittime rientra nel diritto-dovere costituzionale di resistenza

  • La difesa dei diritti fondamentali attraverso il rifiuto di sottostare a ordini illegittimi non può configurare inadempienza

  • Il rifiuto di sottostare a violazioni dei diritti umani è giuridicamente tutelato e rappresenta un dovere civico

  • La resistenza di Gianini si configura come difesa dell'ordine costituzionale

Questo quadro giuridico dimostra come l'accusa di "trasgressione degli obblighi" sia non solo infondata ma rappresenti essa stessa una violazione dei principi costituzionali. La resistenza di Gianini si configura quindi come un atto di difesa dell'ordinamento costituzionale, non come sua violazione.


3. Obiezione di coscienza come auto-difesa costituzionale

L'obiezione di Gianini rappresenta:

  • Un atto di difesa dell'integrità costituzionale contro la sua violazione

  • Una forma di "controllo diffuso" di costituzionalità esercitato dal cittadino

  • L'esercizio del diritto all'autodeterminazione sancito dalla Corte Costituzionale (sent. 471/1990) come "diritto di disporre del proprio corpo"

La Corte Costituzionale (sent. 467/1991) ha definito l'obiezione di coscienza come "diritto umano fondamentale che, in quanto tale, spetta ai singoli individui indipendentemente dal riconoscimento che ne faccia il diritto positivo".


4. La resistenza al "doppio vincolo" procedurale

L'obiezione di Gianini acquisisce ulteriore legittimità costituzionale alla luce della contraddizione procedurale a cui è stato sottoposto. Il sistema delle REMS, nonostante la gestione formalmente sanitaria (con strutture che dovrebbero essere piccole e territorializzate), mantiene nella pratica un approccio fortemente custodiale. La REMS di Castiglione delle Stiviere, dove è internato Gianini, sta subendo una trasformazione con la costruzione di sei strutture più piccole da 20 posti ciascuna, in linea con la riforma del 2014, ma attualmente opera ancora prevalentemente come una struttura centralizzata che ha ereditato le caratteristiche dell'ex OPG. In questo contesto, la resistenza di Gianini non rappresenta solo un'obiezione etica o politica, ma una necessaria difesa contro un sistema che pretende formalmente di rispettare l'autodeterminazione terapeutica mentre sostanzialmente la nega, trasformando ogni espressione di autonomia decisionale in conferma della "pericolosità" che giustifica ulteriori restrizioni.


5. Il "Non-Diritto" e la Resistenza Costituzionale

Il concetto di "non-diritto" (Unrecht), elaborato da Gustav Radbruch nella sua celebre formula del 1946 e recentemente rivalutato nella filosofia giuridica contemporanea, offre un fondamento teorico per la legittimità della resistenza a norme formalmente valide ma sostanzialmente ingiuste:

  • David Dyzenhaus ("Hard Cases in Wicked Legal Systems", 2010) ha sviluppato una teoria della "validità sostanziale" che distingue tra legalità formale e legittimità costituzionale

  • Massimo La Torre ("Law as Institution", 2010) identifica il diritto di resistenza come "meccanismo di autoimmunizzazione" dell'ordinamento democratico

  • Jürgen Habermas ("Between Facts and Norms", 1992) riconosce la "sovranità proceduralizzata" del cittadino che agisce a tutela dei principi costituzionali contro la loro violazione sistemica

La Corte Costituzionale italiana, pur senza riconoscere esplicitamente un diritto di resistenza, ha sviluppato una giurisprudenza sui "controlimiti" (sentenze 238/2014 e 115/2018) che implicitamente legittima forme di disobbedienza costituzionalmente orientate quando sono minacciati i principi supremi dell'ordinamento.

Nel caso Gianini, l'obiezione di coscienza si configura come resistenza a un "non-diritto" che, pur formalmente legittimato da procedure apparentemente corrette, viola sostanzialmente i principi fondamentali della dignità umana e dell'autodeterminazione, rivelandosi così privo di validità nell'ordinamento costituzionale.


6. La nullità sostanziale degli atti violativi dei diritti fondamentali

La teoria giuridica dei "diritti naturali" porta alla conclusione che atti gravemente lesivi dei diritti fondamentali sono sostanzialmente nulli (Radbruch: "non-diritto"):

  • La Corte Costituzionale (sent. 238/2014) ha affermato l'esistenza di "controlimiti" che nessuna autorità può violare

  • La dottrina internazionalistica riconosce il concetto di norme di ius cogens inderogabili

  • Il principio "ex iniuria ius non oritur" stabilisce che da un atto ingiusto non può nascere diritto valido

L'obiezione di Gianini è quindi un atto di difesa legittimo contro misure sostanzialmente invalide perché violative del nucleo essenziale dei suoi diritti.


XI. IL SISTEMA DELLE PERIZIE COME STRUMENTO DI REPRESSIONE DEL DISSENSO

Il caso Gianini documenta un meccanismo sistemico in cui la perizia psichiatrica diventa strumento di controllo e delegittimazione della ricerca indipendente. L'apparente neutralità tecnica maschera un dispositivo di repressione particolarmente efficace contro chi opera fuori dalle istituzioni consolidate.

 

L'evidenza empirica del meccanismo repressivo

1. Sistema perizie: la negazione del contraddittorio

(Fonti: Ministero della Giustizia, "Relazione 2023"; Università di Bologna, "La perizia psichiatrica nel processo")

Lo squilibrio strutturale emerge chiaramente:

72,1% prevalenza perizie d'ufficio vs 27,9% di parte (UCPI, 2023)

85,3% conferme diagnostiche in sede di riesame (Centro Studi Giustizia)

Studio documentato di 137 casi mostra un pattern sistematico di "conformismo diagnostico"

"Il processo diagnostico rischia di diventare circolare: chi contesta la diagnosi viene considerato privo di consapevolezza di malattia, rafforzando paradossalmente la diagnosi stessa" - Rivista Italiana di Psichiatria Forense, 2023


2. Sistema REMS: contenzione sanitarizzata

(Fonti: Garante Nazionale, "Relazione 2023"; Corte dei Conti, "Delibera 14/2023/G")

La realtà dei numeri rivela un sistema in crisi:

38 strutture con capienza 658 posti vs 789 internati effettivi

Tasso occupazione 119,9% (in violazione degli standard europei)

311,50/giorno costo medio per internato (+37% rispetto alle strutture sanitarie ordinarie)

113.597/anno per posto REMS vs €28.400 per posto in Centro Psico-Sociale

"Il sistema REMS rischia di perpetuare logiche manicomiali sotto diversa forma, con aggravio per la finanza pubblica e senza reale finalità riabilitativa" - Garante Nazionale dei diritti delle persone private della libertà, 2023


3. Whistleblowing: La Punizione del Dissenso

(Fonti: ANAC, "Relazione 2023"; EURAC, "Whistleblowing in Italia")

I dati certificati mostrano l'inefficacia del sistema di tutela:

127 segnalazioni in ambito ambiente/ricerca (solo 12 classificate "alto rischio")

7,1% di interventi concreti vs 21% media europea

422 giorni tempo medio per avvio istruttoria (il più lungo in UE)

"La protezione dei whistleblower in Italia rimane largamente inefficace nell'applicazione pratica, nonostante i progressi legislativi" - GRECO, Consiglio d'Europa, Rapporto 2023”


4. Analisi Economica: Il Costo della Repressione

(Fonti: Corte dei Conti, "Relazione REMS 2023"; OpenPolis, "Costi-benefici delle politiche di sicurezza")

L'impatto economico è quantificabile:

89,3 milioni spesa diretta REMS + €58,7 milioni contenziosi

3,2 anni di monitoraggio indipendente finanziabili con il costo di 1 anno REMS

4:1 rapporto tra costo della repressione e costo della prevenzione

"L'allocazione delle risorse evidenzia una strategia che privilegia interventi reattivi e contenitivi rispetto a politiche di prevenzione e ricerca, con evidente inefficienza economica" - Società Italiana di Economia Pubblica, 2024.

 

Conclusioni: un sistema funzionale alla repressione

L'analisi dei dati ufficiali dimostra come il meccanismo peritale, il sistema REMS e l'inefficacia delle tutele per i whistleblower costituiscano un dispositivo integrato che:

  1. Delegittima scientificamente chi conduce ricerche scomode

  2. Neutralizza socialmente i soggetti "pericolosi" per il sistema

  3. Scoraggia preventivamente ogni forma di dissenso qualificato

  4. Spreca risorse pubbliche in misure repressive anziché preventive

Il caso Gianini rappresenta l'espressione paradigmatica di un meccanismo sistemico che non solo viola diritti costituzionali fondamentali, ma tradisce la stessa razionalità economica, generando costi sociali e finanziari ingiustificabili.


Note Metodologiche

  • Dati estratti da fonti istituzionali verificabili

  • Analisi comparativa basata su parametri standardizzati UE

  • Documentazione completa disponibile nei link citati

  • Tutte le percentuali calcolate su dataset pubblici


Riferimenti


XII. LA TUTELA DEI WHISTLEBLOWER E IL VALORE DELLA RICERCA INDIPENDENTE

1. La tutela dei whistleblower: un diritto fondamentale non garantito

Il caso Gianini evidenzia una grave lacuna nel sistema italiano di protezione dei whistleblower. Nonostante l'Italia abbia adottato la Legge 179/2017 che dovrebbe tutelare chi segnala illeciti, questa normativa presenta significative limitazioni:

  • Si applica principalmente a contesti lavorativi pubblici e privati formalmente definiti, lasciando scoperti cittadini che agiscono autonomamente

  • Si concentra su illeciti amministrativi e corruzione, non coprendo adeguatamente segnalazioni relative a rischi ambientali o sanitari

  • Non prevede meccanismi efficaci di protezione contro forme indirette di ritorsione, come la patologizzazione psichiatrica

  • Manca di un'autorità indipendente dedicata a valutare le segnalazioni e proteggere i segnalanti

  • Sia in Italia che in ambito internazionale, casi emblematici dimostrano tanto l'importanza cruciale dei whistleblower per l'emersione di dinamiche di malversazione e di conflitti d'interesse in ambito economico, politico, sanitario e ambientale quanto le gravi ritorsioni che subiscono:

Casi italiani:

  • Andrea Franzoso: Ex funzionario di Ferrovie Nord Milano che nel 2016 denunciò spese irregolari del presidente per circa 600.000 euro. Nonostante l'importanza della sua azione, subì emarginazione professionale, venne trasferito e infine costretto alle dimissioni.

  • William Pezzullo: Denunciò un sistema di corruzione nella sanità lucana, affrontando conseguenze personali e professionali devastanti, tra cui intimidazioni e isolamento professionale.

  • Medici durante COVID-19: Diversi sanitari italiani che denunciarono l'inadeguatezza delle misure di protezione durante la prima ondata pandemica vennero sottoposti a procedimenti disciplinari e minacce di licenziamento.

  • Mauro Valentini: Impiegato bancario che denunciò pratiche illegali nel suo istituto, perdendo il lavoro e subendo una serie di cause legali ritorsive.

  • Vincenzo Calafiore: Whistleblower nel caso ItalPetroli/ENI che ha subito pesanti ripercussioni personali e professionali.

Casi internazionali:

  • Edward Snowden: Ex contractor della NSA che ha rivelato programmi di sorveglianza di massa illegali, costretto all'esilio in Russia e accusato di spionaggio, rischiando 30 anni di carcere nonostante abbia reso un servizio fondamentale alla trasparenza democratica.

  • Julian Assange: Fondatore di WikiLeaks, detenuto nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh e sottoposto a procedimento di estradizione verso gli USA dopo aver pubblicato documenti che hanno rivelato crimini di guerra. La sua persecuzione rappresenta un attacco alla libertà di stampa e al diritto all'informazione.

  • Chelsea Manning: Ex analista dell'intelligence militare USA, condannata a 35 anni di carcere (poi commutati) per aver divulgato documenti classificati su crimini di guerra in Iraq e Afghanistan. Ha subito trattamenti che il Relatore ONU sulla tortura ha definito "crudeli e inumani".

  • Thomas Drake: Ex funzionario NSA che ha denunciato sprechi di miliardi di dollari e violazioni costituzionali, è stato accusato di spionaggio e, pur evitando il carcere, ha visto la sua carriera e vita personale distrutte.

  • Katherine Gun: Traduttrice del GCHQ britannico che rivelò tentativi di pressione dell'intelligence USA sui membri del Consiglio di Sicurezza ONU prima del voto sulla guerra in Iraq. Fu arrestata e accusata sotto l'Official Secrets Act.

Questi casi rivelano un pattern globale di repressione del dissenso attraverso strumenti legali e paralegali che può assumere forme diverse – dall'incriminazione penale alla patologizzazione psichiatrica – ma che condivide lo stesso obiettivo: silenziare chi rivela verità scomode. Il caso di Gianini si inserisce in questo contesto globale, costituendo la variante italiana di un fenomeno di repressione sistematica della libertà di informazione e ricerca.

In contrasto, sistemi più avanzati come quelli adottati nei paesi scandinavi prevedono:

  • Protezione del whistleblower indipendentemente dal suo status professionale

  • Tutela estesa a segnalazioni di potenziali rischi per la salute pubblica o l'ambiente

  • Organismi indipendenti che valutano preliminarmente la fondatezza delle segnalazioni

  • Programmi di protezione che includono tutele contro forme di ritorsione non convenzionali

Nel caso specifico di Gianini, una legislazione adeguata avrebbe dovuto garantire:

  • La valutazione scientifica indipendente delle sue analisi sui residui aeronautici

  • La protezione della sua libertà personale durante la fase di accertamento

  • Il diritto di presentare le proprie scoperte senza rischiare conseguenze ritorsive

  • Tutela dal rischio di patologizzazione delle sue denunce

La creazione di un sistema efficace di protezione dei whistleblower rappresenta quindi un elemento essenziale di qualsiasi riforma che intenda prevenire casi simili in futuro.


2. Il Valore della ricerca indipendente

Il caso di Gianini rappresenta un campanello d'allarme non solo per i diritti civili in Italia, ma anche per la libertà di ricerca indipendente. In un'epoca in cui le questioni ambientali e sanitarie hanno implicazioni planetarie, la persecuzione di chi dedica la propria vita all'indagine di fenomeni potenzialmente pericolosi costituisce un precedente allarmante.

È necessario riconoscere il valore fondamentale della ricerca condotta al di fuori dei canali istituzionali ufficiali, specialmente in ambiti controversi dove interessi economici o politici potrebbero influenzare le priorità della ricerca finanziata pubblicamente. Uomini come Gianini, scegliendo di perseguire la verità fino alle estreme conseguenze, sfidano gli interessi costituiti che minacciano la salute pubblica e l'ambiente. Il prezzo personale che pagano diventa monito per chiunque osi fare domande scomode: studi recenti (Lancet Psychiatry, 2024) documentano come la patologizzazione del dissenso riduca del 76% la propensione a denunciare rischi per la salute pubblica, mentre l'American Journal of Public Health (2023) evidenzia come il timore di ritorsioni psichiatriche sia diventato la prima causa di autocensura tra i potenziali whistleblower ambientali.

Per questo proponiamo:

  • Istituire commissioni parlamentari d'inchiesta sulla geoingegneria con poteri di indagine effettivi

  • Garantire protezione legale ai ricercatori indipendenti che indagano su pratiche ambientali potenzialmente dannose

  • Creare un registro pubblico delle operazioni di manipolazione atmosferica condotte sul territorio nazionale

  • Promuovere ricerca indipendente sugli effetti della dispersione di particolato nell'atmosfera

  • Implementare sistemi di monitoraggio civico della composizione chimica delle precipitazioni


XIII. CONCLUSIONE: LA COSCIENZA COME FONDAMENTO INVIOLABILE DELLA DIGNITÀ UMANA

1. Il Significato costituzionale del caso

Il caso Gianini assume una valenza paradigmatica nell'ordinamento costituzionale italiano, evidenziando il conflitto irriducibile tra l'autorità dello Stato e l'inviolabilità della coscienza individuale. La patologizzazione della coscienza critica configura una violazione qualificata del nucleo essenziale dei diritti fondamentali. Come affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 467/1991, la coscienza costituisce il "principio creativo" che rende possibile l'esistenza stessa delle libertà fondamentali. La sua violazione, pertanto,  colpisce tanto il singolo quanto  mina le basi del patto costituzionale.


2. Libertà di coscienza e ricerca della verità

La battaglia di Gianini per la propria libertà risulta inscindibile dalla sua ricerca scientifica indipendente: entrambe rappresentano l'esercizio di un diritto fondamentale alla conoscenza che nessuna autorità può legittimamente sopprimere. L'uso strumentale della psichiatria come dispositivo di controllo del dissenso scientifico rappresenta una doppia violazione: del diritto alla libertà di ricerca e del diritto all'autodeterminazione della coscienza.


3. La dimensione filosofico-giuridica

Come teorizzato da Hannah Arendt, nei momenti di crisi delle istituzioni democratiche "il semplice sforzo di rimanere integri" diventa un atto politico fondamentale. La resistenza di Gianini acquisisce così il valore di un'azione costituzionalmente necessaria: citando Stefano Rodotà, "quando il diritto tradisce la sua missione di proteggere la dignità umana, la resistenza diventa l'ultima forma di legalità". La sua difesa della libertà di coscienza rappresenta, paradossalmente, una tutela dell'ordine costituzionale contro la sua degenerazione autoritaria.


4. La valenza collettiva della resistenza e la violazione strutturale dell'ordinamento

La resistenza di Gianini trascende la dimensione individuale per assumere un significato universale: quando uno Stato sceglie di patologizzare la coscienza critica dei suoi cittadini, rinnega la sua stessa ragione d'essere. Nel momento in cui la psichiatria viene strumentalizzata come arma di repressione del dissenso scientifico, si configura una violazione strutturale dell'ordinamento giuridico che tradisce i suoi stessi fondamenti costitutivi. Questa degenerazione sistematica rivela un default funzionale dello Stato di diritto, dove gli strumenti di garanzia si trasformano in dispositivi di oppressione, minando  tanto le singole libertà individuali quanto  l'intero edificio della convivenza democratica. La patologizzazione del dissenso  rappresenta quindi  più che un mero abuso contingente, una perversione dell'ordine giuridico che compromette la sua stessa legittimità costituzionale.


5. L'autodeterminazione come limite al potere

Il principio di autodeterminazione della coscienza emerge così come limite invalicabile del potere statale: nessuna ragione di Stato, nessuna esigenza di controllo sociale può legittimare la violazione di quello spazio inviolabile di autonomia morale che definisce l'essenza stessa della dignità umana. La libertà di Gianini rappresenta la libertà di tutti: la sua difesa significa riaffermare che in uno Stato costituzionale la coscienza critica dei cittadini non è una minaccia da neutralizzare, ma il fondamento stesso della Stato di diritto.


di Kairos Rao

 

Denuncia Pubblica per la Liberazzione di Enrico Gianini

Violazione dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali

Clicca qui per conoscere i dettagli del caso e unirsi alla richiesta di giustizia



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